Il Conservatorio di Santa Maria di Loreto di Napoli

Il centro formativo della Scuola Napoletana


Sommario: Il Conservatorio di Santa Maria di Loreto fu una delle quattro istituzioni musicali della città di Napoli, confluite poi nell’attuale “San Pietro a Majella”. Ubicato in quella via oggi nota come Vico San Giovanni, il più grande e frequentato istituto di formazione musicale partenopeo fu il principale centro formativo della gloriosa Scuola Napoletana.

Parole Chiave: Scuola Napoletana; Conservatorio di Musica; Napoli

Golfo di Napoli, Pierre Tetar van Elven, 1855.

«Esistevano in Napoli quattro Licei, fra noi detti Conservatorj»

«Esistevano in Napoli quattro Licei, fra noi detti Conservatorj, ove insegnavasi la musica […] e ne ricavavano profitto i giovinetti più poveri, privi dei mezzi necessari, e quelli che, pur essendo poveri, volevano incamminarsi per l’armonica carriera, ne ottenevano la sola dimora»1. Con queste parole Carlantonio De Rosa, marchese di Villarosa, dà inizio alla sua famosa biografia dedicata a Giovanni Battista Pergolesi intitolata Lettera biografica (1843)2. In queste poche battute si concentrano delle informazioni utili per introdurre in maniera efficace il nostro discorso:

  1. gli enti destinati alla musica nella città partenopea, prima della loro riunificazione nell’attuale illustre Conservatorio “San Pietro a Majella”, erano quattro;
  2. denominati sia licei che conservatori, erano luoghi destinati alla formazione musicale;
  3. l’insegnamento della musica era finalizzato al recupero di «giovani appartenenti a famiglie bisognose»3, e quindi subordinato a quelle logiche assistenziali che contraddistinsero la natura di queste istituzioni fin dalla loro creazione.

La storia dei quattro Conservatori e la loro denominazione, la formazione musicale della Scuola Napoletana, e il primigenio assistenzialismo come istanza sociale e culturale insita all’istituzione sono di conseguenza i tre aspetti attorno ai quali si orienta la presente disamina. Centro musicale più grande e maggiormente frequentato della città (secoli XVII e XVIII), culla della gloriosa Scuola Napoletana era il Conservatorio di Santa Maria di Loreto. Istituito nella forma definitiva nel 1560, fu seguito dal Conservatorio di Sant’Onofrio a Capuana (1578); quello di Santa Maria della Pietà dei Turchini (1584) e per ultimo, quello dei Poveri di Gesù Cristo (1589). In questo percorso non mancheranno, oltre all’approfondimento di ogni istituzione, i necessari riferimenti alla relativa indagine storiografica, svolta sin dalla seconda metà del Settecento, ponendo l’attenzione soprattutto sul lavoro di due grandi personalità legate al mondo culturale partenopeo, ossia Giuseppe Sigismondo e Francesco Florimo4.

Prima della musica: il Conservatorio come istituzione assistenziale

Ci ricorda Rosa Cafiero che «le prime testimonianze dell’introduzione dell’insegnamento della musica nei Conservatori di Napoli risalgono al XVII secolo»5. Durante il secolo precedente tali istituti nascono come veri e propri orfanotrofi, centri di assistenza dediti alla cura e alla formazione degli infanti e dei giovani in stato di miseria e abbandono, «attraverso lo studio delle lettere e della religione e l’apprendimento di un mestiere»6. Fondato nel 1537 e ubicato nei pressi della zona portuale in uno dei più floridi borghi commerciali della città, anche il Conservatorio di Santa Maria di Loreto s’incardinava nel tessuto cittadino inizialmente come struttura di accoglienza e educazione degli orfani di ambo i sessi. Fra i primi a operare una sistematica ricognizione della storia della fondazione di tale istituto è Giuseppe Sigismondo 7, il quale, nella sua opera monumentale intitolata Apoteosi della musica nel Regno di Napoli, scrive che la fondazione del Conservatorio è dovuta al sacerdote e protonotario apostolico Giovanni di Tapia, «spagnuolo [che] colle elemosine de’ napoletani fondò la chiesa e l’opera di raccogliersi i fanciulli de’ cittadini più bisognosi per educarli nella religione e nelle belle arti»8. Sigismondo cita addirittura il testo dell’epitaffio posto sulla tomba del prelato spagnolo, fonte significativa per comprendere come l’istituzione in oggetto fosse posta sotto la protezione regia, e non sotto la giurisdizione arcivescovile come altre realtà assistenziali9. Sempre da Sigismondo, come anche riportato dal già citato De Rosa e ancor prima dall’opera Napoli sacra di Cesare D’Engenio Caracciuolo10, da cui i primi attingono abbondantemente, riscontriamo che l’istituto era amministrato da sei governatori napoletani (dediti all’esercizio dell’avvocatura) eletti annualmente, nell’ultima domenica di agosto, quando «si celebra solennemente la festa del titolo di questa chiesa»11. Tale organo amministrativo era presieduto dal «Ministro Presidente del Sacro Regio Consiglio di Santa Chiara»12, con carica pro tempore, quindi magistrato afferente a quell’organo fondato da Alfonso I d’Aragona, che aveva funzioni sia di cancelleria che di tribunale del regno. Dalle stesse fonti desumiamo un dato importante ai fini del nostro excursus storico: nel 1565 i governatori affidarono la gestione dell’orfanotrofio ad alcuni membri dell’ordine dei Chierici Regolari di Somasca13 , composti da «otto Sacerdoti ed altrettanti laici»14 , che si occuparono della cura educativa dei fanciulli e dell’insegnamento della grammatica, della filosofia, della religione e delle scienze. Durante il loro esercizio, il Conservatorio contava circa quattrocento alunni, divisi fra maschi e femmine in due aree distinte della struttura. Come si evince dalla ricostruzione storica di De Rosa, «pur non di meno dall’istesso Eugenio non si ricava quando ne fu abolito il convitto delle donne e quando vi si cominciasse ad insegnar la Musica»15. Lo scrittore napoletano prosegue laconicamente, sintetizzando per lo più lo scritto sigismondiano:

Solo da alcune antiche Carte appartenenti al detto Conservatorio mi è riuscito indagare che già si era cominciato da qualche tempo questo insegnamento, poiché fin dal 1656 vi si era eseguita una Cantata dagli alunni convittori, la quale avea per titolo: Il fido Campione della Divina Provvidenza pe’l B. Gaetano Tiene Musica di D. Andrea Marino Maestro di Cappella di detto Conservatorio, ed in una determinazione de’ reggitori del medesimo nell’anno 1684 si venne all’elezione di due Maestri per insegnarla, essendo morto colui che solo ammaestrava i giovani in tal facoltà16 .

Sigismondo offre, oltre alle stesse indicazioni storiografiche, delle riflessioni aggiuntive circa l’ambito della formazione musicale proposta in Conservatorio, ponendo l’accento su una comparazione fra l’antico apprendimento della musica e quello propugnato negli anni venti dell’Ottocento, a lui contemporaneo. Le parole d’elogio spese dal Sigismondo per i docenti del Settecento contro «l’inadeguatezza del sistema formativo nei confronti delle esigenze del mondo produttivo contemporaneo», sistema reo di una «mancata conoscenza della tradizione alla quale fare riferimento»17, ci conducono verso quello che fu l’importante cambiamento delle funzionalità dell’istituzione, ovverosia la creazione del Collegio di Musica.

L’origine e gli anni della scuola musicale

Le fonti storiche reperibili non ci offrono indicazioni certe circa la fondazione della scuola musicale all’interno del Conservatorio. In conformità con la ricostruzione storiografica operata da Giuseppe Sigismondo, riportiamo un passo citato dallo storico napoletano nella sua Apoteosi: elemento decisivo per ipotizzare almeno cronologicamente quando l’approccio didattico musicale entrò a pieno regime nella struttura. Il testo che segue fa a sua volta riferimento alla documentazione archivistica a cui Sigismondo ha avuto accesso, e riporta la data del 9 luglio1684:

Per morte del Reverendo Don Giovanni Cavallo maestro di cappella del Real Conservatorio di Santa Maria di Loreto, furono eletti due maestri per maggior comodo de’ figlioli, uno per maestro Gaetano Veneziano, e l’altro vice maestro Niccola Acerbo, ambi stati per alunni dell’istesso Conservatorio, con provvisione di ducati sei al mese per ciascuno. Obblighi: Insegnare a cantare, sonare il cembalo, intavolature, e partimento, e la cartella del contropunto; con dividersi li figlioli mettà per ciascuno. Ciascuno di essi maestri dovesse poi ogni quattro mesi componere una messa a 4 voci con istrumenti, ed in fine dell’anno una messa a due cori, anche con i strumenti; ed ogni mese un mottetto per ciascuno, conforme parerà ad essi maestri, e consegnarli in banca per inventariarli per servizio del Conservatorio.


È chiaro che già dalla seconda metà del Seicento vi fosse all’interno dell’istituzione un Maestro di Cappella. Quest’ultimo, oltre a comporre periodicamente per adempiere al servizio musicale tout court, doveva svolgere il ruolo di docente per insegnare ai fanciulli il canto, lo strumento e la composizione. Pur non conoscendo con esattezza le date della sua istituzionalizzazione, è ipotizzabile che la scuola di musica del Conservatorio di Santa Maria di Loreto fosse nata per rispondere alla «necessità di far fronte alla sempre crescente richiesta di servizi musicali di tipo religioso e laico da parte delle varie istituzioni cittadine (oratori, congregazioni, accademie private e, più avanti, teatri d’opera), e di trovare nuove fonti di entrate per coprire le ingenti spese di gestione e di assistenza»18. Rosa Cafiero, a tal proposito, aggiunge che proprio nel XVIII secolo i Conservatori a Napoli «sono ormai vere e proprie imprese organizzate secondo collaudati schemi gerarchici e perfettamente integrate nel tessuto cittadino, nelle attività produttive, nel mondo artistico»19. Come si approfondirà in seguito, grazie al già citato lavoro certosino di ricostruzione storica operato da Sigismondo, il Conservatorio, oramai centro indiscusso della formazione musicale nella città partenopea, visse soprattutto nel Settecento un periodo di felice prosperità, grazie all’insegnamento dei più grandi maestri della cosiddetta Scuola Napoletana. Fra gli altri, Alessandro Scarlatti, Nicola Porpora, Francesco Durante e, appunto, Fedele Fenaroli.

L’annessione al Real Collegio di Musica

Negli ultimi anni del XVIII secolo la storia del Conservatorio di Santa Maria di Loreto, come d’altronde quella degli altri tre istituti musicali, s’intrecciò inevitabilmente con il fervore rivoluzionario della vita politica di quel tempo. Il diffondersi del giacobinismo, infatti, sfociò nel 1799 nella proclamazione della Repubblica Napoletana, «vero e proprio spartiacque nell’organizzazione politico-amministrativa, oltre che culturale, del Regno delle due Sicilie»20. Ci furono forti ripercussioni anche in Conservatorio: durante la rivoluzione si contarono in istituto solo 26 allievi; la maggior parte fu arrestata in quanto filo-giacobina, altri furono arruolati nella Guardia Civile, e altri ancora uccisi negli scontri 21. Pochi anni più tardi, a seguito dei decreti napoleonici, ci fu una vera e propria «trasformazione istituzionale»22. Nel 1797 Ferdinando IV di Borbone decretò la chiusura del Conservatorio di Santa Maria di Loreto, convertendolo in ospedale militare. La scuola musicale non si disperse ma fu inglobata nel Conservatorio di Sant’Onofrio a Porta Capuana. Nel 1806, durante il governo di Giuseppe Napoleone, si decise di unificare i due Conservatori superstiti, dando origine così al Real Collegio di Musica. Quest’ultimo venne annoverato quale più importante fra i collegi del Regno delle due Sicilie23.

Da Provenzale a Giordanello, passando per Fenaroli

Come già accennato, il Conservatorio di Santa Maria di Loreto fu ambiente ideale per l’operosità di grandi compositori che svolsero in loco diverse funzioni, sia come Maestri di Cappella che in qualità d’insegnanti dediti alla formazione musicale dei fanciulli. I nomi che seguono sono semplicemente indicativi di una schiera di docenti assai più ampia. Fra i più noti, abbiamo Francesco Provenzale, Maestro di Cappella al Conservatorio di Santa Maria di Loreto dal 1661 al 1675, quando gli subentrò il suo vicemaestro Giuseppe Cavallo, un sacerdote. Dinko Fabris, sulla scia delle rielaborazioni storiche propugnate da Michael Robinson e altri, ci informa sui precedenti musicisti che hanno assunto il ruolo di Maestro di Cappella:
Marco Viadano (1621 – 51?), 10 ducati mensili;
Stefano D’Amato (? – 629), ‘Maestro di Cappella’;
Pietr’Aniello Guarino (1630), ‘Maestro di Cappella’;
Pietro Coppola (1657), 5 ducati mensili;
Leonardo Fiata (1658);
Giuseppe Ferraro (?1658 – 61);
Orazio Lucarelli (1661), 10 ducati mensili;
Francesco Provenzale (1661–75), 12 ducati mensili24.
All’epoca di Provenzale il complesso sistema burocratico e didattico che strutturava la scuola si organizzava come segue. Vi erano i maestri di scola (che si occupavano dell’insegnamento della retorica, grammatica, religione e filosofia), il maestro e il vicemaestro di cappella (che insegnavano composizione, canto e cembalo), i maestri di strumenti a fiato (cornetto, trombone etc.), di strumenti ad arco (violino, etc.), quelli di scienza e di geometria. Seguivano i sottomaestri o mastricelli, ovverosia gli studenti più grandi, posti a insegnare ai principianti. Dalla documentazione a noi tràdita sappiamo anche in dettaglio quali fossero le mansioni del maestro di cappella, di certo il ruolo più importante all’interno dell’istituto:

In primis debbia dare due volte lettione il giorno a tutti li figlioli che li saranno assignati, et in ogni lettione habbia da stare hore due per ciascuno, et a quelle hore, che li saranno dal padre rettore assignate; 2.do che ogni quattro mesi debbia componere una messa a quattro voci con l’instrumenti, et in fine dell’anno una Messa a due chori anco con l’instrumenti, et ogni mese un mottetto, e quelli consignare in banca per ponerli nell’inventario; 3.° ogni volta che venisse occasione da farsi qualche compositione di Prologo, Intermezzo, et ogn’altra cosa recitativa la debbia fare, e per dette compositioni il nostro Conservatorio li debbia dare la carta necessaria con consignare dette compositioni anco in banca; 4.° In caso che mancasse di componere le sopradette messe, mottetti, et altro si debbia retinere dalla sua provisione D. sei per ciaschuna messa, e D. due per ciaschun mottetto; Quinto. In caso anco che mancasse a dar lettione ciaschuno giorno se li debbia puntare la provisione del detto tempo mancante, eccettuateno però in caso d’infirmità: se li debbia dispensare’25 .

Durante la direzione di Provenzale, il Conservatorio di Santa Maria di Loreto divenne il primo polo cittadino nella produzione di drammi sacri. Di fatto, si distinse per gli allestimenti di opere spirituali, che «formeranno una peculiarità di questa istituzione rispetto agli altri tre Conservatori di Musica napoletani»26. Fra le prime composizioni ricordiamo il dramma Il martirio di San Gennaro (1663 – 1664): eseguito dagli allievi del Conservatorio il 6 novembre 1664, «non è rimasto né un libretto né la partitura musicale»27. In seguito, Provenzale si specializzò nella composizione di oratori aventi come tema l’agiografia dei santi. Furono quindi rappresentati, a Palazzo Reale, drammi sacri «con i figlioli di Loreto, tutte musicate da Provenzale o da musicisti a lui vicini su testi attribuiti a Giuseppe Castaldo: La colomba ferita, opera sacra di Santa Rosalia (1670 e 1672); La fenice d’Avila Teresa di Giesù (1672); La vittoria fuggitiva (1672); La vita di Santa Rosa (1679)»28. Altra importante personalità legata all’istituto è quella di Nicola Porpora (1686–1768). Prolifico compositore di melodrammi su libretti di autori del calibro di Paolo Rolli e Pietro Metastasio, Porpora è stato celebrato come uno dei più grandi maestri di canto dell’epoca, o meglio, come ebbe a dire Giovenale Sacchi, «il più perfetto maestro di canto che allora Napoli avesse e forse tutta Italia»29. Porpora fu insegnante nel Conservatorio di Santa Maria di Loreto in due distinti periodi: nel 1739, al tempo della prima nomina di Maestro di Cappella presso l’istituzione (il suo lavoro si concluse nel 1741, quando accettò un posto da maestro di coro all’Ospedale della Pietà di Venezia); e per un incarico annuale, negli anni 1760-6130. L’attività professionale come docente al Conservatorio si sovrappose di fatto a quello di maturità artistica del compositore, oramai riconosciuto autore di successo nei maggiori teatri d’Europa. Le documentazioni a noi note ci rivelano come si strutturasse la sua azione didattica. Nel suo metodo infatti «il regolare corso di studi durava sei anni e comprendeva una rigida scansione della giornata dell’allievo cantante, divisa fra attività musicali, letterarie, culturali, unite allo studio e alla pratica vocale»31. Scrive Cappelletto:

Porpora insisteva sulla precisione dell’intonazione del solfeggio, sulla capacità di variare il ritmo, di dominare variazioni e passaggi, quegli abbellimenti improvvisi sui quali si esaltava o frantumava l’abilità del virtuoso. L’impiego richiesto era severo32.

Continuando nella disamina, segnaliamo Francesco Durante e Giuseppe Giordani detto Il Giordanello. Le due figure sono legate da un medesimo fil rouge: si tratta, rispettivamente, dell’insegnante e dell’allievo, uno dei prediletti, di Fedele Fenaroli33. Durante divenne Maestro di Cappella al Conservatorio di Santa Maria di Loreto attorno al 1742, sostituendo Nicola Porpora, «con lo stipendio di 10 ducati al mese, che mantenne sino all’anno della sua morte, garantendo con la sua presenza qualità e continuità dell’esercizio didattico»34, in particolare per la composizione. A tal proposito, Francesco Durante, proprio negli anni del suo apprendimento, fu fra i primi a sistematizzare quel tipo di esercizio compositivo su basso dato, chiamato partimento, che trovò pieno sviluppo e consenso grazie all’opera di Fedele Fenaroli35. Giuseppe Giordani fu, come già accennato, allievo diretto di Fedele Fenaroli; ebbe anche modo di studiare con i maestri Gennaro Manna, Antonio Sacchini, Pietro Antonio Gallo36. Autore di opere serie e buffe, Giordanello nel 1774 divenne maestro di cappella soprannumerario del Tesoro di S. Gennaro per essere «uno dei migliori soggetti della Città.»37.

Per una storia del Conservatorio: i contributi di Giuseppe Sigismondo e Francesco Florimo

Fin dalla prima metà dell’Ottocento le vicende storiche relative ai Conservatori partenopei, e quindi alla nascita e sviluppo della Scuola Napoletana, ha attirato l’attenzione di molti storici e intellettuali del tempo. Le informazioni documentarie rintracciate hanno permesso di ricostruite un dettagliato scenario delle istituzioni musicali. Circa Santa Maria di Loreto, s’intende enucleare gli scritti di tre personalità molto rilevanti nell’ambiente culturale napoletano, che hanno saputo restituire ai contemporanei e ai posteri una visione incisiva e ricca di quella che fu la rinomata formazione musicale partenopea. Primo fra tutti Giuseppe Sigismondo (1739 – 1826), avvocato e dilettante musicista, autore di un’imponente opera intitolata Apoteosi della musica e recentemente riedita con opportuno apparato critico 38. L’Apoteosi, «imprescindibile per coloro i quali intraprendono lo studio del repertorio musicale napoletano del Settecento e del patrimonio librario della Biblioteca del Conservatorio “San Pietro a Majella”»39, si configura da subito come un modello di riferimento. L’opera, divisa in tomi, dedica il secondo libro alla fondazione della biblioteca del Conservatorio della Pietà dei Turchini, alla storia dei quattro Conservatori e a riflessioni circa il decadimento dell’istituzione. Le pagine riferite a Santa Maria di Loreto presentano un quadro dettagliatissimo per i riferimenti cronologici: la storia dell’istituzione si dipana dalla fondazione fino alla unificazione con il Sant’Onofrio, proponendo un susseguirsi di date e relativi avvenimenti, caratterizzati soprattutto dalle nomine dei Maestri di Cappella. Inoltre, Sigismondo utilizza il materiale storico per operare una comparazione fra antico e moderno metodo didattico, deducendone che la formazione musicale a lui contemporanea è peggiorata rispetto ai gloriosi tempi di Scarlatti, Durante e altri.
Ne è esempio il seguente frammento:

Oggi i maestri della cartella, ossia del contrapunto non si degnano del canto e del suono; e quelli addetti a tal uopo appena insegnano i più gran detti, lasciando poi che costoro facciano da mastricelli a’ più piccoli; e qui potendosi dire a giusta ragione, che nemo dat quod non habet, si prendono a buon ora de’ difetti, che poi col crescer della età difficilmente si tolgono, e posso dire a ragione experto crede Roberto, da ciò che nella prima parte di quest’opera dissi di quanto mi accadde col mio maestro Porpora.

Francesco Florimo attinge profondamente ai risultati del lavoro di Sigismondo, soprattutto nel suo monumentale La scuola musicale di Napoli e i suoi Conservatorii, pubblicato fra il 1880 e il 1883. Oltre che «archiviario delle carte musicali»40 a Napoli, o forse proprio per questo motivo, Florimo fu il primo nella realtà partenopea a imporsi come storico della musica capace di sistematizzare e ricostruire le vicende storico musicali secondo il principio dell’«inventariazione dei dati»41 e la schematizzazione bio-bibliografica. Tralasciando i limiti metodologici dell’epoca, Florimo ci consente di accedere a una visione d’insieme della storia del Conservatorio di Santa Maria di Loreto sia dal punto di vista dello sviluppo dell’istituzione tout court, sia attraverso le biografie dei compositori che hanno operato al suo interno. A tal proposito, è indispensabile il quadro sinottico dei compositori pubblicato nel secondo volume, La scuola musicale (pp. 302-305). Nel capitolo inerente al Conservatorio troviamo, oltre il «cenno storico», anche una sezione intitolata «osservazioni artistiche»: qui Florimo, «secondo criteri evoluzionistici legati alla parabola origine-apogeo-decadenza»42, osserva come Maria di Loreto abbia dato vita a un sistema compositivo che ancora nel neo “San Pietro a Majella” trovava un suo pieno accoglimento; la regola nell’insegnamento di tenere sempre a mente «quei principi fondamentali, quella chiara, forbita, elegante disposizione vocale delle quattro parti, stabilita dal Durante, che faceva dire al Rossini: Io non conosco che solo la scuola di Durante»43.


Fonti e note al testo

Bibliografia

1. Carlantonio De Rosa, Marchese di Villarosa, Lettera biografica intorno alla patria ed alla vita di Gio. Battista Pergolese, Napoli, Stamperia del Fibreno, 1831, pp. 9-10.

2. Cfr. Rosa Cafiero, «Esistevano in Napoli quattro Licei, fra noi detti Conservatorj». Formazione musicale e «armonica carriera» nella testimonianza di Giuseppe Sigismondo, «Studi Pergolesiani», 9, pp. 375-456.

3. Rosa Cafiero, La formazione del musicista nel XVIII secolo: il “modello” dei conservatori napoletani, «Rivista di Analisi e Teoria Musicale», XV, 2009/01, p. 6.

4. Per approfondimenti si rimanda all’ultima sezione della presente voce.

5. Cafiero, La formazione del musicista nel XVIII secolo cit., p. 7.

6. Ibidem.

7. Cfr. Claudio Bacciagaluppi et al., Giuseppe Sigismondo e il suo opus magnum, in Giuseppe Sigismondo, Apoteosi della musica del regno di Napoli, a cura di Claudio Bacciagaluppi, Giulia Giovani e Raffaele Mellace, con un saggio introduttivo di Rosa Cafiero, SEM, Roma, 2016, pp. VII-XX.

8. Sigismondo, Apoteosi della musica cit., p. 93.

9. L’epitaffio, scritto in latino, recita: «A Don Giovanni Tapia spagnolo protonotario apostolico e sacerdote di straordinaria virtù, poiché per primo nei nostri tempi, venuto fin da Roma, per raccogliere i ragazzi istituì in questa città un orfanotrofio sotto la protezione regia: affinché non si interrompa il ricordo di un uomo così grande, pose la pietra l’amministratore di questa sacra casa. Morì nel mese di dicembre dell’anno 1543». Traduzione in Sigismondo, Apoteosi della musica cit., p. 93, n. 110.

10. Di Cesare D’Engenio Caracciolo non si hanno notizie biografiche certe. Dalla documentazione tràdita si apprende che nel 1624 diede alle stampe un’opera storica dedicata alle chiese e ai monasteri di Napoli. Cfr. Cesare D’Engenio Caracciolo, Napoli sacra, ove oltre le vere origini, e fundationi di tutte le chiese, monasterii, spedali, e altri luoghi sacri della città di Napoli, e suoi borghi, si tratta di tutti li corpi, e reliquie di Santi e Beati vi si ritrovano, con un breve compendio di lor vite, e dell’opere pie vi si fanno, si descrivono gl’epitaffi, e inscrittioni sin hora sono, et erano per l’a- dietro in detti luoghi; si fa anco mentione di molt’altri huomini illustri, sì per santità di vita, e dignità, come per lettere, et armi, pittura, e scoltura, havendosi contezza di molte recondite historie così sacre, come profane; con due trattati brevi, uno de cemiterii, e l’altro dell’ordini di cavalieri; opera un pezzo fa desiderata, ma hora la prima volta vede in luce delle stampe; utile non men che necessaria non solo a napoletani, e regnicoli, ma anco a gl’altre nationi, con più indici, Napoli, Ottavio Beltrano, 1623-1624.

11. Ivi, p. 651.

12. Sigismondo, Apoteosi della musica cit., p. 93.

13. Francesco Florimo, a differenza degli storici più antichi, afferma che il Conservatorio fu affidato all’ordine dei Padri Somaschi nel 1576, a cura di padre Giacomo Ficaro dei Teatini. Cfr. Francesco Florimo, La scuola musicale di Napoli e i suoi Conservatorii, Vol II, Vincenzo Morano, Napoli, 1882, p. 27.

14. De Rosa, Lettera biografica cit., p. 13.

15. Ibidem.

16. Ivi, pp. 13-14.

17. Cafiero, «Esistevano in Napoli quattro Licei, fra noi detti Conservatorj» cit., p. 398.

18. Cafiero, La formazione del musicista nel XVIII secolo cit., p. 6

19. Ibidem.

20. Cafiero, La formazione del musicista nel XVIII secolo cit., p. 18.

21. Ibidem.

22. Ibidem.

23. Cafiero, La formazione del musicista nel XVIII secolo cit., p. 19.

24. Cfr. Dinko Fabris, Music in Seventeenth-Century Naples Francesco Provenzale (1624–1704), New York, Routledge, 2016, pp. 81-82.

25. I-Nc, Loreto, 168, 45v e seguenti, cit. in Fabris Music in Seventeenth-Century Naples cit., p. 91, n. 12.

26. Dinko Fabris, Gennario, Rosalia, Teresa e gli altri…I santi nel teatro musicale sacro del Seicento a Napoli, «Sanctorum», 6, 2009, p. 94.

27. Ivi, p. 100.

28. Dinko Fabris, voce Provenzale Francesco, in Dizionario Biografico degli Italiani, 85, 2016, www.treccani.it.

29. Giovenale Sacchi, Vita del Cavaliere Don Carlo Broschi, Venezia, stamperia Coleti, 1784, p. 8.

30. Kurt Martkstrom, voce Porpora, Nicola Anonio Giacinto, in Dizionario Biografico degli Italiani, 85, 2016, «www.treccani.it».

31. Simone Di Crescenzo, L’educazione vocale fra Settecento e Ottocento. La figura di Fedele Fenaroli nell’ambito della Scuola Napoletana, in Massimo Salcito (a cura di), Giornate di studi musicali abruzzesi. Atti del convegno Edizioni 2017-2018, Lanciano, Carabba, 2021, p. 36.

32. Sandro Cappelletto, La voce perduta. Vita di Farinelli evirato cantore, Torino, EDT, 1995, pp. 8-9.

33. Si rimanda alla voce Fedele Fenaroli.

34. Daniela Tortora, voce Durante, Francesco, in Dizionario Biografico degli italiani, 42, 1993, www.treccani.it.

35. Per approfondimenti si veda il fondamentale Robert O. Gjerdingen, La musica dello stile galante, Edizione a cura di Giorgio Sanguinetti, Roma, Astrolabio, 2007.

36. Cfr. il profilo redatto dal Centro studi “Giuseppe Giordani” di Fermo, «https://conservatorio.net/giuseppe-giordani/».

37. Ibidem.

38. Ci si riferisce al già citato Giuseppe Sigismondo, Apoteosi della musica del regno di Napoli, a cura di Claudio Bacciagaluppi, Giulia Giovani e Raffaele Mellace, con un saggio introduttivo di Rosa Cafiero, SEM, Roma, 2016.

39. Ivi, pp. X-XI

40. Rosa Cafiero, voce Florimo, Francesco, in Dizionario Biografico degli Italiani, 48, 1997, www.treccani.it.

41. Ibidem.

42. Ibidem.

43. Florimo, La scuola musicale di Napoli, cit., Vol. II, p. 30.

Bibliografia consigliata

  1. Carlantonio De Rosa, Marchese di Villarosa, Lettera biografica intorno alla patria ed alla vita di Gio. Battista Pergolese, Napoli, Stamperia del Fibreno, 1831.
  2. Rosa Cafiero, «Esistevano in Napoli quattro Licei, fra noi detti Conservatorj». Formazione musicale e «armonica carriera» nella testimonianza di Giuseppe Sigismondo», «Studi Pergolesiani», 9, pp. 375-456.
  3. Rosa Cafiero, La formazione del musicista nel XVIII secolo: il “modello” dei conservatori napoletani, «Rivista di Analisi e Teoria Musicale», XV, 2009/01, p. 6.
  4. Rosa Cafiero, voce Florimo, Francesco, in Dizionario Biografico degli Italiani, 48, 1997, «www.treccani.it».
  5. Cesare D’Engenio Caracciolo, Napoli sacra, ove oltre le vere origini, e fundationi di tutte le chiese, monasterii, spedali, e altri luoghi sacri della città di Napoli, e suoi borghi, si tratta di tutti li corpi, e reliquie di Santi e Beati vi si ritrovano, con un breve compendio di lor vite, e dell’opere pie vi si fanno, si descrivono gl’epitaffi, e inscrittioni sin hora sono, et erano per l’a- dietro in detti luoghi; si fa anco mentione di molt’altri huomini illustri, sì per santità di vita, e dignità, come per lettere, et armi, pittura, e scoltura, havendosi contezza di molte recondite historie così sacre, come profane; con due trattati brevi, uno de cemiterii, e l’altro dell’ordini di cavalieri; opera un pezzo fa desiderata, ma hora la prima volta vede in luce delle stampe; utile non men che necessaria non solo a napoletani, e regnicoli, ma anco a gl’altre nationi, con più indici, Napoli, Ottavio Beltrano, 1623-1624.
  6. Francesco Florimo, La scuola musicale di Napoli e i suoi Conservatorii, Vol I e II, Vincenzo Morano, Napoli, 1880-1883.
  7. Giuseppe Sigismondo, Apoteosi della musica del regno di Napoli, a cura di Claudio Bacciagaluppi, Giulia Giovani e Raffaele Mellace, con un saggio introduttivo di Rosa Cafiero, SEM, Roma, 2016.
  8. Dinko Fabris, Music in Seventeenth-Century Naples Francesco Provenzale (1624–1704), New York, Routledge, 2016.
  9. Dinko Fabris, Gennario, Rosalia, Teresa e gli altri…I santi nel teatro musicale sacro del Seicento a Napoli, «Sanctorum», 6, 2009, pp. 91-125.
  10. Dinko Fabris, voce Provenzale Francesco, in Dizionario Biografico degli Italiani, 85, 2016, www.treccani.it.
  11. Giovenale Sacchi, Vita del Cavaliere Don Carlo Broschi, Venezia, stamperia Coleti, 1784.
  12. Kurt Martkstrom, voce Porpora, Nicola Antonio Giacinto, in Dizionario Biografico degli Italiani, 85, 2016, «www.treccani.it».
  13. Simone Di Crescenzo, L’educazione vocale fra Settecento e Ottocento. La figura di Fedele Fenaroli nell’ambito della Scuola Napoletana, in Massimo Salcito (a cura di), Giornate di studi musicali abruzzesi. Atti del convegno Edizioni 2017-2018, Lanciano, Carabba, 2021.
  14. Sandro Cappelletto, La voce perduta. Vita di Farinelli evirato cantore, Torino, EDT, 1995.
  15. Daniela Tortora, voce Durante, Francesco, in Dizionario Biografico degli italiani, 42, 1993, www.treccani.it.
  16. Robert O. Gjerdingen, La musica dello stile galante, Edizione a cura di Giorgio Sanguinetti, Roma, Astrolabio, 2007.

Immagini e inserti:

Immagine di testa: Vista di Napoli, dipinto di Antonio Joli, 1700-1777.

Immagini: 1. Golfo di Napoli, Pierre Tetar van Elven, 1855.

Autori e collaboratori:

Autore: Matteo Di Cintio

Revisori: Massimo Salcito; Gianfranco Miscia.

Ultimo aggiornamento:

1 Gennaio 2022

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