Vita e opere di Fedele Fenaroli

Fedele Fenaroli, Napoli, Scuola Napoletana

Il codificatore della tradizione compositiva della Scuola Napoletana. Vita, insegnamento e prestigio del Maestro dei Partimenti


Sommario: La vita di Fedele Fenaroli rispecchia una tipica formula agiografica settecentesca, consolidatasi grazie al coevo contesto storico. Tutte le fonti biografiche limitano infatti allo stretto essenziale le informazioni sulla vita, ed anche le informazioni sulle opere sono minime. Perduto da adolescente il padre musicista, viene mandato da Lanciano a Napoli presso parenti; entra in Conservatorio, diventa il pupillo di Francesco Durante, ed infine gli succede alla carica di docente di Composizione. Ha quindi l’intuizione di una formula a stampa, prima schematica e poi completa, sui Partimenti. Insegna quindi per circa sessant’anni ed infine si spegne nel commosso plauso generale. In realtà, per quanto Fenaroli abbia condotto una vita apparentemente monotona quasi completamente a Napoli, mantenendo comunque stretti contatti con la città natale, abbiamo a che fare con l’autore di una complessa e fitta rete di relazioni musicali, sia partenopee che italiane. La cosa è resa possibile anche dalla numerosa schiera di ex allievi, sparsi nell’intera penisola, a cui si affiancano regolari contatti con organizzazioni ecclesiastiche e laicali, teatri, ed altri operatori del mondo musicale dell’epoca. La figura di Fenaroli acquista così un’imprevedibile profondità e complessità, alla luce dei tanti piccoli e grandi episodi della sua vita, che in questo ed altri scritti tentiamo di documentare e diffondere.

Parole Chiave: Lanciano; Napoli; Palermo; Conservatorio; Partimenti; opere; vita.

La famiglia e gli inizi degli studi da Lanciano a Napoli

Figlio di Antonio Fenaroli, Fedele nasce a Lanciano il 25 aprile 17301. Per il nome proprio, pare che il padre si sia ispirato a san Fedele da Sigmaringa, santo che combatté strenuamente il protestantesimo e per il quale Francesco Antonio compone un libretto per una congregazione ecclesiastica di Chieti, appunto nel 1730. Dopo la morte del padre, nel 1738, all’età di quattordici anni, il ragazzo parte per Napoli dove trova ospitalità presso lo zio notaio, dottor Nicolantonio Perrini, che si adopera anche per farlo ammettere al Conservatorio di Santa Maria di Loreto.

Non esistono documenti che comprovino il momento di trasferimento del giovane Fedele da Lanciano a Napoli. Tale avvenimento è desumibile, se non in maniera indiretta, dalle testimonianze del Florimo, il quale precisa che la notizia era stata riportata dagli allievi diretti dello stesso Fenaroli2. Una identica dichiarazione è quella di Francesco Maria Avellino, in occasione dell’elogio del 1818. Una fonte indiretta sul momento di trasferimento a Napoli ci è fornita anche da Giuseppe De Napoli, questi cita a sua volta la documentazione riportata da Salvatore di Giacomo, il quale conferma che nel Conservatorio di S. Maria di Loreto si entrava a 12 anni, come da regolamento3. Giuseppe Maria Bellini aveva a suo tempo ipotizzato che il trasferimento di Fedele fosse stato anticipato ai dieci anni4, ma non esistono in merito prove documentarie.

Dei cinque fratelli e sorelle (Eleonora, nata nel 1720; Maddalena, nata nel 1723; Giuseppe nato nel 1727; Carlo, nato nel 1733 e Gianbattista, nato nel 1736), sopravvivranno solo Giuseppe e Carlo. Quest’ultimo diventerà sacerdote e manterrà stabili contatti con Fedele, come confermano le ricerche di Giovanni Fenaroli5

Il trasferimento a Napoli, la formazione, le esperienze giovanili

Nel 1747, a sedici anni, Fenaroli si trova al Conservatorio di Napoli, come confermato dal catasto onciario di Lanciano, nel foglio relativo alla famiglia del dottor Nicolò Fenaroli. Gli studi vengono compiuti nel Conservatorio di Santa Maria di Loreto, avendo come insegnante Francesco Durante, e come studenti, Paisiello, Sacchini, Guglielmi, Piccinni. Il Grove7 afferma che Fedele sia stato anche allievo di Pietro Antonio Gallo oltre che di Durante. Ottiene il diploma a ventidue anni, come conferma anche il Florimo, e si trasferisce per tre anni a Palermo, periodo del quale però non possediamo conferme documentarie, dove avrebbe scritto un dramma giocoso e un’opera seria. La sua carriera napoletana ha inizio con il ritorno a Napoli. Per Giuseppe Maria Bellini diviene a 25 anni maestro di contrappunto e composizione allo stesso Conservatorio dove si è formato. Secondo le fonti8, dal 1759, tre anni dopo la morte di Durante, entra come docente di contrappunto a Santa Maria di Loreto. Nel 1762 diviene secondo maestro di cappella come sostituto di A. Sacchini, prima in via provvisoria e poi in pianta stabile, dal 17639. Le esperienze giovanili possono dirsi concluse a trent’anni. In questo periodo prevale quindi la professione di docente che ovviamente non poteva essere scissa da altri aspetti professionali e soprattutto dalla composizione. Cominciamo a questo punto, quindi intorno ai trent’anni, ad avere notizia di alcune opere scritte dal Fenaroli:

Ester. Azione sacra dell’avvocato D. Giuseppe de’ Tiberj della città del Vasto tra gli Arcadi Cloneso Licio da cantarsi nella insigne collegiata chiesa di S. Pietro di detta città in occasione de’ suffragj, che si porgono per le anime del purgatorio, nel dì II. novembre del corrente anno dalla venerabile congregazione del Sacro Pio Monte de’ Morti eretta in essa chiesa sotto il titolo del patrocinio di Maria Vergine, la cui solennità nel suddetto giorno per essa congregazione ricorre. Dedicata all’illustrissimo signor D. Ferdinando Dattilo patrizio cosentino, de’ marchesi di S. Caterina, giudice della Gran Corte della Vicaria, uditor generale della Marina, e giudice del supremo tribunale del Grande Almirante, Napoli, Vincenzo Mazzola, 1759; pp. 32.10

L’Abigaille. Azione sacra di Vincenzo Ravizza di Lanciano da Cantarsi nella città del Vasto in occasione de’ suffragj, che si porgono per le anime del purgatorio nel dì IX. novembre del corrente anno dalla venerabile Congregazione del Sacro Pio Monte de’ Morti eretta nella insigne Collegiata Chiesa di S. Pietro sotto il titolo del patrocinio di Maria Vergine, Chieti, Nuova Stamperia di Francesco Saverio Cavallo, 1760; pp. 19.11

La carriera di Maestro nei Conservatori

Il percorso curriculare, e a seguire didattico-professionale, di Fedele Fenaroli rappresenta per molti versi un caso da manuale nella tradizione musicale napoletana del XVIII secolo.

Il musicista frentano si è trasferito a Napoli intorno all’età di circa 14 anni, nel 1744, dopo aver perduto il padre Francesco Antonio (1692-1738) all’età di 8 anni. Il periodo di apprendistato diretto con il genitore, per quanto ipotizzabile, dev’essere stato di conseguenza per forza di cose assai breve, e quindi poco significativo per la formazione del giovane Fedele. Non vi sono di fatto informazioni circa il periodo che va dal 1738 al 1744, data in cui i biografi fissano. pur con qualche incertezza. la trasferta a Napoli presso lo zio Nicolantonio Perrini. Risulta quindi probabile che sia la madre, Cecilia (talvolta indicata come Virginia) Cuculli, quanto presumibilmente il ramo familiare paterno abbiano sottoposto in quei sei anni il giovane Fedele ad un periodo di tirocinio e preparazione musicale con musicisti attivi nella città frentana12.

Il trasferimento del giovane Fenaroli a Napoli non era un mero ed estemporaneo tentativo. La capitale partenopea era infatti un’ambita meta per chiunque volesse condurre una carriera musicale di pregio, ed evidentemente i segnali premonitori circa le doti del giovane Fenaroli dovevano essersi dimostrati più che promettenti. Lo zio Perrini ricoprì perciò a Napoli un ruolo non secondario, sia per la successiva ammissione al Conservatorio di Santa Maria di Loreto che per le presumibili comunicazioni che lo stesso inviava alla famiglia.

Alunno o convittore?

È bene ricordare che i Conservatori di Musica napoletani erano delle consolidate strutture didattico-professionali, con una collaudata organizzazione amministrativa, la cui fama al tempo dell’arrivo di Fedele in città vantava già almeno due secoli di esperienza e relativa fama13.

Potevano accedere alle istituzioni religiose, musicali e non, i figlioli, suddivisi in alunni e convittori.

Il convittore entrava a sette – otto anni d’età, con il requisito essenziale dello status di orfano di padre, ed una complessa serie di credenziali e raccomandazioni. Gli alunni avevano in genere un’età avanzata, intorno ai 18-20 anni, proponendosi quindi come già in possesso di una serie di competenze specifiche semi-professionali, anche nel loro caso sottoposti ad un complesso regolamento.

In ogni caso, alunni e convittori, in quanto genericamente figlioli, risiedevano permanentemente nell’istituto medesimo, come in un collegio, al quale accedevano solo dopo aver siglato un istromento di ammissione, ossia un vero e proprio contratto14.

Fenaroli sembra quindi accedere a Santa Maria di Loreto con una posizione intermedia tra le due precedentemente indicate, ed è perciò probabile che lo zio Perrini abbia dovuto offrire una serie ulteriore di garanzie in merito. Non si spiegherebbe altrimenti la possibilità che Fenaroli ebbe di studiare da subito con Francesco Durante, figura di spicco, insieme a Leonardo Leo, della Scuola Napoletana: anziché passare, com’era d’uso all’epoca, attraverso una fitta serie di mastricelli, studenti dotati, aventi ruoli e funzioni intermedie tra il docente vero e proprio e gli studenti all’inizio dell’apprendistato.

Una giornata al Conservatorio

In quanto figliolo, Fenaroli ebbe in ogni caso la possibilità di vivere in prima persona la complessa realtà didattica e sociale del convitto musicale.

Nell’ambito di una normale giornata di attività, non poca parte del tempo era dedicata agli esercizi spirituali ed agli obblighi liturgici. I Conservatori erano infatti in ogni caso un’emanazione di organizzazioni ecclesiastiche: di conseguenza, preghiere, messe, atti penitenziali, confessioni, prediche pubbliche e quant’altro caratterizzasse l’aspetto religioso del Conservatorio erano considerate momenti naturali ed obbligatori per la vita di uno studente di convitto.

Dal punto di vista musicale, i figlioli alternavano lezioni collettive ad altre individuali, costantemente seguiti dai mastricelli, nonché momenti di studio personale.

Oltre alle classi di strumento (a corda, ottoni e legni), era obbligatorio per tutti il canto, il solfeggio e lo studio del partimento (ossia l’armonia); quindi, per i migliori, anche la composizione. Certamente i più preparati erano gli studenti degli strumenti a tastiera, di fatto appannaggio in genere dei figlioli destinati appunto a svolgere compiti professionali specifici come il maestro di cappella. Charles Burney (1726-1814), nel 1770, ebbe modo di ascoltare dal vivo il momento dello studio individuale per gli studenti di livello meno avanzato, autorizzato in gruppo e in grandi camere. Lo scrittore e critico musicale riportò l’esperienza nel libro The Present State of Music in France and Italy (1771), anche noto con il titolo di Viaggio Musicale in Italia, descrivendo la scena con una notevole dose d’ironia e di acrimonia tale da diventare in breve famosa in tutta Europa.

I compiti del Maestro in Conservatorio

Il Maestro era tenuto a comporre periodicamente due tipologie di composizioni.

La prima aveva scopi eminentemente didattici: scrivere musica dedicata, in un periodo storico nel quale non era certo disponibile una specifica bibliografia a stampa, all’apprendimento didattico per livelli di difficoltà. Era così possibile per ogni docente poter configurare un proprio personale e generale ciclo formativo.

Il modello didattico piramidale, dove il maestro di fatto insegnava solo ai più dotati, mentre questi a loro volta preparavano i meno dotati, era particolarmente congeniale all’epoca di Fenaroli. In quanto allievo di Durante, Fenaroli deve aver seguito velocemente un consolidato iter procedurale di promozioni e segnalazioni, fino a diventare persona di assoluta fiducia del compositore di Frattamaggiore.

La seconda necessità era invece legata alla produzione del Conservatorio per le attività esterne all’istituto. Dalla minuta dei governatori del Conservatorio di S. Maria di Loreto del 21 novembre 1777 si apprende che Fenaroli aveva l’obbligo di comporre una messa ogni quattro mesi, oltre ad una messa per due cori ed un mottetto ogni anno. In caso di inadempienza, erano previste sostanziose multe pecuniarie.

Di fatto, come accade del resto ancora oggi nelle grandi università occidentali, il Maestro viveva in maniera intensiva la propria carriera didattica. E tale approccio non era assolutamente in contrasto con periodici episodi di collaborazione esterna oppure incarichi di varia natura, in genere più di taglio artistico che didattico. Le lezioni private, naturalmente impartite ai rampolli delle famiglie altolocate, erano ad esempio per Fenaroli una sostanziosa entrata economica, per di più completate dalla stesura di copie personalizzate di raccolte di brani musicali del docente stesso. Infine, è noto che Fenaroli fu per molti anni direttore dell’orchestra della Nobile Accademia di Musica dei Cavalieri: incarico che, a quanto ci consta, non ebbe alcuna conseguenza negativa sulla sua carriera didattica.

Fedele Fenaroli

La carriera didattica di Fenaroli

L’anno di svolta nella carriera didattica di Fenaroli è certamente il 1755, quando all’età di 25 anni, fatto alquanto inusuale per l’epoca, venne nominato sostituto del Durante alla morte di quest’ultimo, rilevandone il posto di docente di contrappunto e composizione alla Pietà dei Turchini.

Seguono negli anni successivi altri incarichi, soprattutto a Santa Maria di Loreto: nel 1762 maestro di cappella, e nel 1777 primo maestro di cappella al posto di Pietro Antonio Gallo. La fusione del Conservatorio di Santa Maria di Loreto con il Sant’Onofrio a Capuana, e a seguire l’ulteriore riorganizzazione con la Pietà dei Turchini, comportano necessariamente ulteriori incarichi di natura didattica in quelle nuove sedi, a cui certamente contribuì non poco l’affermazione editoriale dei Partimenti, a Napoli e all’estero.

Va poi almeno citato un ulteriore incarico che Fenaroli ebbe nella gestione della fusione tra i due Conservatori rimasti, Santa Maria di Loreto e Pietà dei Turchini. Ci riferiamo alla nomina nella terna del direttorato formata con Giacomo Tritto e Giovanni Paisiello, con decreto del 21 novembre 1806. L’incarico, legato anche al trasferimento della sede nel complesso conventuale di S. Sebastiano nel 1808, si concluse di fatto nel 1813, con la nuova nomina a direttore del suo ex allievo Nicola Zingarelli. La regia concessione del 1813, che permise a Fenaroli di risiedere a vita nei locali di S. Sebastiano, fu l’atto conclusivo di un riconoscimento formale e sostanziale assolutamente eccezionale alla figura del musicista lancianese.

Fenaroli e le istituzioni napoletane

Due importanti accadimenti segnano buona parte della vita del giovane Fedele Fenaroli: il trasferimento nella città partenopea, nel 1744; e la presa in carico quale docente stabile di Contrappunto e Composizione in sostituzione del maestro Francesco Durante, nel 1755. Questi undici anni rappresentano probabilmente a posteriori uno dei più interessanti e significativi periodi per Napoli, capitale del Regno Borbonico, ma anche vera e propria metropoli d’importanza europea dal punto di vista culturale e musicale.

Appena dieci anni prima, infatti, nel 1734, Carlo di Borbone si era emancipato dalle mire di controllo asburgico sul proprio regno, creando di fatto una nuova dinastia affine a quella dello storico alleato nel Mediterraneo, la Spagna.

Il passaggio tra Asburgo e Borbone ebbe non poche conseguenze sull’assetto non solo sociale e politico, ma anche culturale e musicale della capitale partenopea, sancendo di fatto l’inizio di uno dei periodi di maggior splendore per la città.

Quelle che seguono sono solo alcune delle istituzioni musicali cittadine, con le quali Fenaroli ebbe comprovati rapporti professionali: elenco utile per comprendere il ruolo tutt’altro che secondario che ebbe il musicista frentano a Napoli, troppo spesso sintetizzato nella riduttiva formula di docente di Conservatorio; ruolo che pure ebbe per oltre 60 anni.

Chiesa

La Chiesa detiene da secoli, insieme al sovrano, il controllo quasi assoluto su tutte le attività della capitale partenopea, comprese quelle musicali. Tralasciando i Conservatori, diretta emanazione di ordini monastici e confraternite religiose a fini caritatevoli, la Chiesa cattolica possiede ancora in pieno Settecento una presenza capillare sul territorio urbano. La distinzione tra sacro e profano appare più formale che sostanziale, visto che i riti liturgici, soprattutto quelli a carattere celebrativo, sono in molte occasioni associati ad occasioni sociali di particolare rilievo. È il caso, tipico, della Cappella Musicale del Tesoro di San Gennaro.

Va comunque ricordato che le fonti della musica sacra napoletana di fine Settecento15 e soprattutto quelle del secolo successivo, risultano in massima parte disperse quando non definitivamente perdute. E ciò a causa della drastica strategia di laicizzazione territoriale sopravvenuta nel periodo bonapartista, ed in buona parte proseguita dai monarchi borbonici della restaurazione: «molti manoscritti appartenuti a chiese, conventi congregazioni ed agli stessi Conservatori vennero, nella migliore delle ipotesi, copiati per essere portati altrove, e nei casi peggiori, trafugati»16.

Le produzioni sacre di maggior rilievo riguardavano le festività natalizie e pasquali, ma non erano meno significative le celebrazioni legate a momenti come il Corpus Domini, per significative sinergie con le strutture musicali regie e nobiliari. I monasteri, come ad esempio Santa Chiara, erano di fatto controllati dalle famiglie nobili napoletane: le badesse si chiamavano Caracciolo, Carafa o Pignatelli. Un ideale contesto spaziale e sociale per la realizzazione di concerti di musica sacra, in molti casi anche autonomi rispetto al consueto anno liturgico. Tra i monasteri spiccano i nomi di quelli delle dame di Donna Regina e della Solitaria, particolarmente rinomati anche per le attività musicali.

È stato segnalato da studiosi quali Benedetto Croce17, come la vita musicale napoletana si configuri per una particolarissima compenetrazione tra sacro e profano, luoghi chiusi e spazi aperti: un’originale ‘spettacolarità’, una naturale collocazione scenografica, che faceva di Napoli una città unica nel panorama europeo. La spettacolarità raggiunge punte parossistiche in occasione della creazione di composizioni musicali come il Te Deum, che permette importanti momenti agiografici per la famiglia reale e in genere per tutte le classi sociali, grandi e piccole, del tempo. In realtà, soprattutto al di fuori del perimetro della capitale, i rapporti tra clero e nobiltà, anche in occasione di festività solenni per la Corona, non erano sempre di facile gestione18. Una ragione non secondaria è rappresentata dai rari tentativi riformistici, inutilmente portati avanti dalla società partenopea, destinati a scontrarsi con gli atteggiamenti conservatori e protezionistici degli uni e degli altri19.

Tra le istituzioni musicali con le quali Fenaroli certamente collaborò, se non altro perché abbiamo notizia di apposite composizioni di repertorio, è da segnalarsi la Real Cappella Musicale del Tesoro di San Gennaro: luogo unico a Napoli, primo caso di spazio quadrifonico per l’epoca, con due cori e due organi “affrontati”, pensati per una esperienza d’ascolto particolarmente immersiva durante lo svolgersi delle liturgie20.

Teatri

Un ruolo certamente fondamentale nella vita musicale della città l’avevano i teatri. A cominciare dal Teatro di San Carlo, inaugurato nel 1737, posto nelle vicinanze del Palazzo Reale, e con una capienza per l’epoca eccezionale di circa 3.000 posti. Si trattava del luogo deputato per eccellenza alla rappresentazione dell’opera seria, nella cui costosissima macchina di produzione intervenivano di fatto i personaggi più rappresentativi dell’intera società partenopea21.

Nel seicentesco Teatro San Bartolomeo, dove avvenne la prima rappresentazione del celeberrimo intermezzo Serva Padrona di Pergolesi, e nel Teatro Mercadante (già Teatro del Fondo), inaugurato nel 1779, erano invece periodicamente ospitate le opere buffe, particolarmente apprezzate nella seconda metà del XVIII secolo, dando poi vita in Francia alla nota Querelle des Buffons. Il Teatro dei Fiorentini infine era il più antico della città, fondato nel 1618, ed anche il primo nel 1706 a passare dal genere della prosa a quello dell’opera. Non mancavano comunque una serie di teatri di minori dimensioni, ma in ogni caso di notevole importanza, come il Teatro di Corte della Reggia di Caserta, copia in miniatura del Teatro di San Carlo, completato tardivamente nel 1769, e preso a modello nella reggia di Versailles per la realizzazione dell’Opera Royale.

Istituzioni laiche

La Real Cappella di Palazzo di Napoli, come la sua omologa di Palermo, era considerata da sempre una delle istituzioni musicali più importanti della città. Sin dal 1555, in piena influenza spagnola, l’ensemble vocale-strumentale curava dal punto di vista musicale non solo le occasioni religiose ma anche quelle mondane della corte, oltre naturalmente i principali avvenimenti della famiglia reale (anniversari, genetliaci, e simili), interagendo regolarmente con le principali sedi ecclesiastiche e religiose della capitale22.

Un’importante istituzione privata, anche se posteriore, fu la Nobile Accademia di Musica dei Cavalieri, club esclusivo delle migliori famiglie nobili partenopee, fondata nel 1777 e sede di una significativa programmazione musicale, sia operistico-orchestrale che d’occasione, come le serate danzanti. Fenaroli fu per molti anni direttore della principale orchestra dell’Accademia23.

Aspetti della vita privata e professionale

Purtroppo al momento attuale le fonti documentarie relative a momenti della vita oppure ad opere sono effettivamente scarse, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Alcune labili tracce hanno comunque permesso di ricostruire pochi ma significativi avvenimenti.

Insegnante negli ambienti dell’élite napoletana

La carriera di Fedele Fenaroli nel Conservatorio Santa Maria di Loreto prosegue fino a raggiungere il grado di Primo Maestro di Cappella (1777) dopo la morte di Pietro Antonio Gallo24. Fenaroli resta tutta la vita nei Conservatori napoletani, che subiscono varie trasformazioni. Dal 1755 al 1818, ricopre anche l’incarico di docente di contrappunto e composizione al Conservatorio della Pietà dei Turchini25. Dal 1807 al 1813 è condirettore con Giacomo Tritto e Giovanni Paisiello del Real Collegio di Musica di San Sebastiano istituito da Giuseppe Bonaparte nel 1807.

Ovviamente questa posizione gli apre altre importanti occasioni professionali. Tale aspetto è stato trattato nello specifico da Lucio Tufano, che si è occupato della presenza di Fenaroli nella Nobile Accademia dei Cavalieri a Napoli26. Grazie allo studioso sappiamo che Fenaroli era stato direttore dell’orchestra principale, composta da almeno venti elementi, per il decennio 1782-1791. Il suo successore era stato Niccolò Piccinni. L’incarico comportava la direzione e concertazione dell’orchestra che si esibiva una volta alla settimana. Non vi era quindi un impegno di tipo compositivo anche se certamente vi saranno state necessità di adattare all’organico disponibile le musiche scelte dai Deputati di quella Accademia. In questo contesto possiamo pensare che fosse stato facile avere poi incarichi privati presso l’élite napoletana. Lo stesso Tufano conferma la presenza di Fenaroli come interprete in Accademie e didatta delle figlie del duca di Montelione (1796). Nonostante le poche fonti certe, le lezioni private, diremmo oggi, erano una attività ricorrente anche in quel periodo.

Relazioni professionali e umane

Poche le informazioni documentarie disponibili anche sul carattere e l’indole, e sulle relazioni professionali e private del Fenaroli. La chiusura della collaborazione con la Nobile Accademia dei Cavalieri di Napoli avvenuta nel 1792, su cui hanno indagato sia Lucio Tufano che Rosa Cafiero, è per molti versi illuminante. Fenaroli era stato offeso da un nobile appartenente all’organizzazione dell’Accademia e quindi, non accettando tale trattamento, si dimise dalla prestigiosa carica, letteralmente dalla sera alla mattina. Sul carattere dell’uomo, non certo accomodante, sono noti alcuni episodi, come quello riportato dal Florimo, che vede per protagonisti un ormai anziano Fenaroli e un deferente Zingarelli, suo ex allievo, che fa buon viso agli improperi riservatigli dal suo ex maestro. Una fonte di notevole importanza si è rivelato il carteggio di venti lettere tra Fenaroli e il suo allievo prediletto Marco Santucci, riportato alla luce da  Rosa Cafiero27.

Da questo corpus documentario emergono alcuni tratti: la critica di Fenaroli ai molti «impostori e ciarlatani» nel settore della musica, compreso il mondo dei Conservatori, e la loro decadenza intorno agli anni fine Settecento; il fatto che si guadagnasse poco a quel tempo; il suo continuare a dare lezioni gratuite a molti aspiranti allievi vessati da ristrettezze economiche. Un aspetto interessante è lo scambio epistolare con un certo Rotellini28, , a servizio della cappella musicale di Lanciano, a cui Fenaroli lamenta l’assenza di aggiornamenti pur avendolo fatto inserire nella prestigiosa istituzione. Si tratta di una pratica dimostrazione dell’influenza che Fenaroli poteva esercitare anche fuori da Napoli e specificatamente nella sua città natale29. Possiamo concludere con una delle poche autorevoli descrizioni, quella di Francesco Florimo, che così scrive alla voce Fenaroli nel volume La Scuola musicale di Napoli e i suoi Conservatorii: «Il Fenaroli era di statura bassa e delicato nella persona; di fisionomia e di spirito arguto; di naso molto profilato e sporgente; di modi gentili, di carattere dolcissimo; qualche volta intollerante, ma d’indole generosa».

Dai Borbone ai Bonaparte; dal confino alla riabilitazione

Un episodio significativo nella vita di Fenaroli accade nel 1807, e riavvicina forzatamente il maestro frentano alla sua città. Due lettere trovate da Maria Teresa La Farciola e pubblicate nella sua tesi di laurea30 provano che nel febbraio del 1807, per ordine di Giuseppe Napoleone Bonaparte e per «motivi di polizia», gli fu sospeso lo stipendio e venne trasferito con obbligo di dimora nella sua città natale. Non si conoscono le ragioni di tale provvedimento, che è comunque ulteriore dimostrazione di come l’oramai anziano Fedele non si facesse scrupolo di esprimere senza riserve le sue posizioni, musicali e culturali, pagandone forse, come in questo caso, un prezzo alto. L’ostracismo durò comunque poco, giacché sin dall’ottobre dello stesso anno venne riammesso al Conservatorio e gli vennero restituiti i compensi arretrati, fino ad affidargli l’ultimo prestigioso incarico di condirettore. Parte della vicenda è spiegata dallo stesso protagonista nelle lettere pubblicate dalla Cafiero. Fenaroli si lamenta della decadenza dei vecchi Conservatori e si dichiara contrario alla loro fusione31.  Scrive anche di essere stato calunniato presso il Governo ed esiliato per tre mesi e mezzo in Abruzzo, poi richiamato e quindi riammesso32. Nella stessa lettera Fenaroli evidenzia la «prepotenza dej Nostri Napoletani» e in generale la riduzione del personale e dei compensi rispetto al passato. La franchezza delle proprie opinioni, senza apparenti remore per il sistema di potere vigente o per eventuali negative conseguenze, costituisce uno dei tratti originali del carattere del musicista frentano.

Le opere

Le opere teoriche e didattiche: i Partimenti

Ad oltre duecento dalla morte, Fedele Fenaroli è ancora oggi unanimemente ricordato nella storia della musica per l’opera dei Partimenti ossia Basso Numerato. La sua notevole abilità didattica, unita alla capacità di esporre le regole di armonia, contrappunto, accompagnamento e composizione in maniera semplice ma efficace, fu alla base della fortuna editoriale del trattato. L’eco di tale successo gli procurò fama non solo presso i suoi contemporanei, ma lo rese anche un punto di riferimento della Scuola Napoletana nei successivi 150 anni, in Italia e in Europa.

In realtà Partimenti ossia Basso Numerato è solo il volume più famoso di ben tre opere didattiche, di fatto tra loro connesse.

La parola partimento sta ad indicare non come indichiamo oggi una partenza, bensì, nel significato antico, una messa in ordine, una sistematizzazione, nello specifico, del materiale della scala. Tale classificazione viene applicata a qualsiasi scala, maggiore o minore, in posizione ascendente oppure discendente, offrendo una potenziale serie di realizzazioni armonicamente già pronte e soprattutto corrette ed efficaci. In fase più avanzata, si può giungere ad una completa padronanza anche degli elementi melodici e contrappuntistici, fino al genere imitativo della fuga.

Poiché l’argomento dei Partimenti è stato già ampiamente sviluppato in occasione di un altro articolo, si rimanda a quello per il necessario approfondimento.

Le Regole

Il titolo completo del primo trattato didattico di Fedele Fenaroli è Regole per i principianti di Cembalo, la cui prima edizione a stampa al momento conosciuta è quella realizzata a Napoli nel 1775 per la tipografia Mazzola-Voccola.c

Il libro, di contenute dimensioni, ha da subito un successo straordinario, arrivando a contare svariate edizioni e ristampe, alcune anonime33.

Accanto alla produzione a stampa è documentata un’ampia opera di produzione in copia manoscritta, in genere grazie ad allievi diretti ed indiretti del Fenaroli. Spicca, tra gli altri, un pregevole esemplare redatto ed autografato da Lorenzo Giorgi, 1793, comprensivo anche di esempi musicali, messo all’asta nel 2020. Esistono anche molte copie anonime, presumibilmente clandestine o di ‘seconda mano’, come nel caso dell’esemplare custodito presso la Biblioteca del Conservatorio di Musica “Benedetto Marcello” di Venezia.

Il trattatello del Fenaroli, certamente realizzato alla luce delle precedenti redazioni di Gennaro Ursino e Alessandro Scarlatti, è un compendio sintetico ed asciutto di tutta la tradizione della Scuola Napoletana dell’epoca. I testi si presentano con brevi formule didascaliche, facili da memorizzare34, e soprattutto funzionali al passaggio musicale da effettuare. Ogni testo è propedeutico al precedente, in modo che si possa passare dalla regola generale all’eccezione particolare. Di conseguenza, anche il grado di difficoltà tecnico è adeguato al concetto espresso, tenendo presente che dal punto di vista grafico, tranne i capi lettera per i vari capitoli e paragrafi, non è presente alcuna concessione esplicativa tipografica, a cominciare dagli esempi musicali, totalmente mancanti. Questi ultimi infatti erano relativamente costosi da produrre, mentre presumibilmente il libretto voleva porsi come testo d’approccio, non comunque sostitutivo, casomai un sussidio, alla lezione dal vivo, alla pratica didattica, oggi diremmo ‘in presenza’.

Va spiegato in questo contesto il concetto di regola al tempo di Fenaroli, che ha un significato lievemente diverso dall’attuale: oggi “regola” sta per diktat, ossia ipse dixit; mentre invece nella Napoli del Settecento la parola poggia su un sistema alio di apprendimento della conoscenza musicale, così efficacemente descritto da Caporaletti:

«Bisogna insistere sul fatto che la nozione di “regola” assume una connotazione ben diversa in un sistema assiomatico e visivo rispetto ad un’infrastruttura cognitiva pragmatica di natura audiotattile, come nella cultura del partimento. Qui le regole non sono deduttive, ma induttive, desunte dal fare, dall’interazione contestuale, in quanto, come sosteneva Vico in contrasto con Descartes, la scienza è la conoscenza del genere o modo in cui la cosa si fa. Cfr. Vico, De Antiquissima, cit. p. 27.»35

In estrema sintesi, la regola applicata al partimento è risultato di una raffinata sintesi cognitiva audio-tattile, quindi al contempo pratica ma complessa. Peter van Tour nel 2015, ed Ewald Demeyere nel 2021, hanno effettuato degli studi comparativi soprattutto per mettere in luce i non pochi punti di differenza tra i vari esemplari superstiti del trattato.

Partimenti ossia Basso Numerato

È la naturale estensione del trattatello delle Regole.

Fenaroli, dopo la prima grande intuizione sulla necessità di portare gli elementi di base dell’accompagnamento e del basso continuo alla grande platea dei musicisti non necessariamente legati ad una particolare scuola didattica, compie un ulteriore importante passo.

Il nuovo scritto è decisamente più strutturato nella forma (è in sei Libri), come del resto nella redazione dei contenuti. E soprattutto, Fenaroli qui comprende l’importanza e l’efficacia di fornire al lettore immagini, ossia esempi musicali chiari ed inequivocabili.

La formula si rivela particolarmente efficace, come dimostrano le numerose edizioni e versioni, spesso contenenti anche piccole differenze contenutistiche. In nota vengono elencate le principali, fermo restando che l’ultima edizione a stampa conosciuta pare essere quella di Sonzogno36.

Anche per i Partimenti si registra un fenomeno già segnalato per le Regole: presumibilmente, ma è naturalmente un calcolo approssimativo, il rapporto tra le copie a stampa superstiti e quelle manoscritte ad oggi segnalate è di circa 1 a 5. Le copie manoscritte (anch’esse in parte legate ad utilizzi ‘di scuola’, non certo dirette) sono presenti in tutta Italia; ed anch’esse presentano spesso piccole varianti e modifiche rispetto alla prima edizione a stampa di Imbimbo. Ulteriore segnale come la pratica del partimento non sia poi così fissa ed inamovibile nel tempo come si possa pensare.

Ha ben espresso la situazione Giorgio Sanguinetti:

Le regole di Fenaroli così diventano una specie di palinsesto, di opera aperta; dove, sulla base di un testo originale più o meno fedelmente tramandato, ogni edizione aggiunge nuovi paragrafi o commenti, a volte tenuti distinti dall’originale, ma più spesso indistinguibili. Nel far questo, editori e commentatori non hanno fatto altro che mettere in pratica la raccomandazione dello stesso Fenaroli pubblicata alla fine della prima edizione delle Regole: «Se mai [dotti Maestri] trovassero regole mancanti, o errori, potranno aggiungere, ed accomodare a loro piacere, mentre quì altro non si è fatto se non mettere in ordine le regole, che da tutti molto bene si sanno, e dare a’ principianti un lume, acciò non suonino a caso37.

La struttura del trattato, come già detto, prevede un’articolazione in sei Libri, in molti casi posti in vendita anche separatamente (ed altrettanto succede anche per le copie manoscritte). Gli esempi musicali, a livello grafico, sono abbondanti: non solo scale (maggiori e minori, con cifratura numerica e senza), ma anche cadenze, formule e soluzioni tecniche avanzate. In massima parte i Libri sono occupati dai bassi, circa 200, raccolti anche per livello di difficoltà ed argomenti. Demeyere ha a suo tempo dimostrato come presumibilmente il nucleo originale dei Partimenti consistesse in quattro Libri, ai quali ne vennero aggiunti due ulteriori, come da schema:

•       LIBRO PRIMO: SCALE E CADENZE

•       LIBRO SECONDO: DISSONANZE E PARTIMENTI PROGRESSIVI

•       LIBRO TERZO: MOVIMENTI DEL BASSO

•       LIBRO QUARTO: PARTIMENTI SENZA NUMERI

•       LIBRO QUINTO: TEMI, CANONI E FUGHE

•       LIBRO SESTO: PARTIMENTI FUGATI, RICERCATI E IMITATI

È evidente lo sforzo dell’autore nel dare all’opera un assetto efficacemente più strutturato rispetto alla stesura delle Regole: non solo un semplice completamento ed allargamento, ma una vera e propria nuova prospettiva di apprendimento, pur traendo esperienza dalla precedente pubblicazione. Potremmo dire che i Partimenti sono l’equivalente, completo e pratico, del livello contenutistico in nuce delle Regole, ampliato ai nuovi obiettivi delle forme polifoniche classiche: canone e fuga.

Studio di contrappunto

La terza opera del Fenaroli è un trattato manoscritto di contrappunto edito a Roma (Ratti), presumibilmente intorno al 1845: Studio di contrappunto opera inedita del signor Fedele Fenaroli Maestro nel Conservatorio della Pietà dei Turchini in Napoli.

Una copia del trattato manoscritto è conservata nella Biblioteca del Conservatorio di Milano (segnatura I-Mc Noseda Th.c 135): Studio di contrappunto opera inedita del signor Fedele Fenaroli Maestro nel Conservatorio della Pietà dei Turchini in Napoli. Per uso di me Salvatore Lavigna alunno del Real Conservatorio di Musica in Napoli. La copia riporta anche la data di stesura, “3 settembre 1845 martedì”.

Lo Studio di contrappunto è in buona parte una sintesi delle due opere precedenti (le scale armonizzate, le regole di realizzazione per le cadenze e gli altri artifici): solo nella parte finale, la sezione dedicata al contrappunto, l’autore si addentra sui problemi di creazione e gestione della linea melodica rispetto al basso, e quindi la costruzione delle fughe a due e tre parti. Possiamo parlare di sintesi tra Regole e Partimenti perché del primo viene ripreso lo stile asciutto e sintetico delle formule esplicative, mentre dal secondo è evidente l’attenzione all’esempio musicale, riservato appunto però solo alla parte dedicata all’imitazione.

La musica sacra e liturgica: Stabat, Dixit

Le composizioni finalizzate alle attività liturgiche e, più in genere, alla ritualità ecclesiale s’incardinano nella più ampia produzione musicale di Fedele Fenaroli come dei ‘banchi di prova’ del rapporto fecondo instauratosi fra il musicista e le istituzioni partenopee. Tali musiche non possono, infatti, essere prese in considerazione se non come il prodotto e l’espressione degli alti incarichi assunti da Fedele Fenaroli, come le nomine a Secondo Maestro (1763) e primo Maestro di Cappella (1777) presso il Conservatorio Santa Maria di Loreto38.

Il corpus di opere sacre a noi tràdito, pur non facendo emergere datazioni certe, ci fa ipotizzare la prossimità delle composizioni stesse agli impegni contrattuali che il Maestro di Cappella nella Napoli del Settecento doveva adempiere. Le cronache dell’epoca e gli studi storico musicali hanno abbondantemente messo in luce non solo gli adempimenti del lavoro compositivo che i maestri di cappella erano chiamati a sostenere, ma, più in generale, la complessa regolamentazione della musica sacra da parte delle istituzioni ecclesiali, procedura spesso vanificata da un sistema di tensioni che vedevano da una parte il bisogno di “purezza” insito nei dettami della Chiesa e dall’altra una spontanea contaminazione tra stili e generi da parte dei musicisti.

Come avverte Alberto Basso:

«Le costituzioni della musica sacra […] hanno sempre avuto il difetto, se così si può dire, di raccomandare più che imporre, dal momento che a esse manca […] il carattere normativo e coercitivo che è proprio della legge, la cui violazione comporta l’applicazione di una sanzione.»39

Al tempo di Fenaroli e più precisamente negli anni del pontificato di Benedetto XIV – quindi ancor prima che ci fossero incarichi salienti nel percorso professionale del compositore lancianese – si intraprese infatti una riforma della musica liturgica che ebbe come sua formalizzazione legislativa la lettera enciclica Annus Qui Hunc del 1749. Con quest’ultima, il papa voleva sollecitare ad una «trasmissione integrale e intellegibile del testo liturgico»40, sovente resa incomprensibile dall’uso di un organico strumentale molto ricco. Bisogna tener conto però che, soprattutto in ambito napoletano, la musica sacra ha da sempre recepito tutti gli stilemi e i gusti del mondo musicale contemporaneo, commistionando sacralità e dimensione profana. In questo quadro si inserisce la produzione liturgica fenaroliana, divisa fra aderenza al pontificato e apertura verso la mescolanza di stili.  

Per quanto riguarda gli adempimenti che Fedele Fenaroli era chiamato a svolgere in qualità di maestro di cappella, le minute dei governatori del Conservatorio “S. Maria di Loreto” sono fonti precise che ci illuminano non solo sulla condizione di lavoro dei musicisti nel Settecento a Napoli, ma anche, più in generale, dell’apparato di gestione degli istituti musicali nella città.

Come scrive puntualmente Rosa Cafiero:

«Fra i compiti previsti per il primo e per il secondo maestro di cappella al conservatorio di Santa Maria di Loreto […] era la composizione di una messa ogni quattro mesi, di una messa per due cori e di un mottetto, oltre ad ogni genere di composizioni che potessero servire agli allievi per esecuzioni e/o esercitazioni.»41

Seguendo le indicazioni del RISM42, è possibile indicare e documentare diverse opere di carattere sacro riferibili al compositore lancianese. In questa sede optiamo per una visione d’insieme che sappia dare valore a due forme musicali sacre, lo Stabat Mater e il Dixit. Una valutazione complessiva delle fonti ha fatto emergere un tipo di produzione densa e significativa, che si caratterizza per diversissime strutture compositive. Messe, responsori, lamentazioni, inni, salmi, lezioni dell’Ufficio dei defunti, oratori, cantate, mottetti: non c’è genere di musica sacra che il compositore lancianese non abbia toccato. Ciò è molto probabilmente legato all’impegno di cui sopra, ma anche all’infaticabile attività di docente di composizione. Liquidata per lungo tempo come manchevole di genio e invenzione43, la produzione sacra di Fenaroli ha tutta la dignità estetico-compositiva per essere rivalutata e sottoposta a studi.

Ponendo l’accento sullo Stabat Mater in sol minore, tale opera fu composta da Fenaroli nel 1775, nel pieno delle sue attività di maestro di Cappella. Essa presenta un organico ristretto, in piena aderenza ai dettami benedettini e alla prassi già consolidata al tempo (Scarlatti; Pergolesi): prevede infatti un “raccoglimento” delle sole voci di soprano e contralto con violini e basso continuo. L’esiguità delle parti offre intimità alle atmosfere sonore del brano, ma non fa retrocedere l’andamento musicale in maestosità quando i passi lo richiedono. La struttura compositiva si divide in 11 numeri musicali, con un finale fugato – Amen – considerabile separato dal resto dell’opera.

Scrive Gianfranco Miscia:

«L’ascolto dello Stabat Mater, molto citato da tutti gli storiografi di Fenaroli, ci fa capire immediatamente quanto riduttivo possa essere parlare del compositore lancianese solo riferendosi alla sua produzione didattica. La bellezza del brano e l’ispirazione religiosa che da esso promana si fonda con quella sapienza costruttiva della tradizione musicale italiana che aveva saputo creare splendide architetture ma soprattutto impareggiabili melodie.»44

        

E soprattutto alla grande tradizione partenopea di inizio secolo che Fenaroli sa guardare, ‘imparentando’ la sua composizione a quella più nota di Giovanni Battista Pergolesi. Entrambe le opere si muovono infatti nel segno della compattezza formale, di una maggior aderenza al pathos del testo sacro e di una ‘levigatura’ degli elementi di austerità presenti nelle precedenti versioni scarlattiane.

Di notevole interesse sono anche i Dixit, di cui se ne conoscono sei diversi componimenti; strutturate su una elaborazione del salmo 110 della Vulgata, ossia la traduzione della Bibbia in lingua latina; tali composizioni hanno le caratteristiche proprie delle cantate sacre concertate, contemplando come organico soli, coro, orchestra e organo.

Si tratta di composizioni di notevoli dimensioni, legate in genere all’occasione dei Vespri, che in particolari occasioni para liturgiche (come la celebrazione di personaggi di particolare importanza dal punto di vista politico ed ecclesiastico) potevano assurgere a occasioni uniche nel corso dell’anno, e non solamente nel periodo pasquale.

Le sei opere di Fenaroli in proposito non sono un caso isolato: Claudio Monteverdi, Dietrich Buxtehude, Marc-Antoine Charpentier, Georg Friedrich Händel, Antonio Vivaldi, sono solo alcuni dei tanti autori che si cimentarono in questo genere. Della Scuola Napoletana erano certamente noti a Fenaroli i Dixit di Alessandro Scarlatti, Nicola Porpora e Giovanni Battista Pergolesi. Ancora oggi, stante anche la difficoltà di reperimento di fonti complete e di facile accesso, l’importanza e la complessità di queste opere nell’ambito della produzione fenaroliana è pressoché sconosciuta anche in ambito interpretativo e musicologico.

La musica strumentale, vocale e vocale-strumentale: Strumenti a tastiera; Musica da camera; Cantate e altre opere

Le composizioni di musica sacra e liturgica rappresentano circa i due terzi dell’intera produzione fenaroliana.

Di assai più modeste dimensioni è invece l’insieme delle composizioni di natura strumentale e mista. Nel genere cameristico, le composizioni vocali-strumentali, in genere cantate, sono effettivamente minime. Quelle profane, alcune volte indicate come  «arie da camera» (consistenti in una voce solista, uno o due strumenti melodici e il basso continuo) sono rarissime, e curiosamente caratterizzate dall’utilizzo della lingua napoletana anziché italiana. Erano quindi pensate per un utilizzo assolutamente domestico e privato.

Più significativo invece il genere strumentale cameristico, che vede nella classica sonata per violino e clavicembalo (o fortepiano) la tipica formazione, particolarmente in voga nella Napoli e nell’Italia della seconda metà del XVIII secolo. Le sonate violino e clavicembalo, nelle due fonti custodite al Conservatorio “San Pietro a Majella” di Napoli, riportano anche un numero d’opus (Opus 1, 2 e 3), caso unico nell’intera produzione fenaroliana: dato che fa ipotizzare una tardiva necessità dell’autore di voler sistematizzare la propria produzione musicale. Si tratta di sonate dedicate a personaggi di una notevole importanza nell’ambiente dei funzionari bonapartisti e borbonici, come il Marchese Cuffari, tra l’altro violinista dilettante ed allievo in composizione dello stesso Fenaroli. Recentemente si è scoperto che le sonate in duo violino – clavicembalo sono in realtà presenti in molte copie manoscritte, in genere anonime, al momento custodite nelle Biblioteche dei Conservatori di Musica di Milano, Venezia e Bologna, con notevoli modifiche ed adattamenti strutturali.

Il genere certamente inferiore al solo repertorio sacro e liturgico è però il repertorio per strumenti a tastiera (clavicembalo, organo e fortepiano), con circa duecento composizioni al momento individuate. Si tratta in massima parte di lezioni e intavolature, nonché di realizzazioni pratiche (da due a quattro parti) su bassi di partimenti tratti dalle medesime raccolte didattiche del musicista frentano. Più rare, ma tutt’altro che dozzinali, le opere scritte con obiettivi d’occasione, oltre che didattici: minuetti, rondò con variazioni, sonate rappresentative di una varietà di stili e caratteristiche. Non mancano naturalmente composizioni più tipicamente organistiche, legate al contrappunto oppure alle caratteristiche tipiche dello strumento a canne d’area partenopea, come aperture, sonate, fughe, pastorale, intrattenimenti.

Localizzazione delle fonti

La ricostruzione di un catalogo della opere di Fedele Fenaroli presenta diverse difficoltà in quanto vanno confrontate le fonti esistenti dedicate esplicitamente alle opere del maestro lancianese e le notizie acquisite negli anni nel corso della ricerca, oltre quanto risulti dal catalogo nazionale del Servizio Bibliotecario Nazionale, che contiene, o dovrebbe contenere, il posseduto di ciascun ente partecipante al progetto. Nelle schede che seguono si prendono in considerazione i principali fondi localizzati in Italia e non le singole opere. Fa eccezione la pubblicazione delle opere teoriche (Regole, Partimenti e Studio del Contrappunto).

Il Fondo Noseda di Milano

Il Fondo “Gustavo Adolfo Noseda” prende il nome dall’omonimo musicista e ricercatore che raccolse un ricchissimo patrimonio di composizioni, in special modo della Scuola Napoletana, ma non solo. La collezione divenne effettiva parte della Biblioteca del Conservatorio di Musica “Verdi” di Milano nel 1897, quindi successivamente catalogata ed organizzata dal bibliotecario Eugenio De’ Guarinoni. In particolare, la sezione riguardante le composizioni di Fenaroli consiste in circa trenta “parti”, a cui vanno aggiunte successive altre donazioni e raccolte provenienti da altre località, come la Biblioteca Braidense, sempre a Milano.

In questa scheda è possibile consultare le voci relative alle opere del Fenaroli.

Fondo Conservatorio Napoli

La Biblioteca del Conservatorio di Musica “San Pietro a Majella” di Napoli è storicamente la fonte più antica relativamente ai testimoni della produzione musicale di Fedele Fenaroli. Ciò non solo per il naturale rapporto del Fenaroli stesso con quell’Istituto nelle sue forme precedenti, del quale vide di fatto la nascita, soggiornando nell’ultimo periodo della sua vita a San Sebastiano; ma anche perché il fenomeno della Fenaroli Renaissance ebbe inizio proprio a Napoli, grazie all’opera del bibliotecario Vincenzo Florimo, autore di una nota e fondamentale storia dei Conservatori di Musica napoletani45. Florimo realizzò un dettagliato elenco delle opere del compositore frentano in calce all’omonima scheda46, lista che rappresenta ancora oggi un fondamentale punto di riferimento.

Qui la scheda per il catalogo delle opere presenti a Napoli.

Il Fondo Fenaroli a Montecassino

La raccolta della biblioteca del monastero di Montecassino è certamente tra le più significative a livello nazionale: documentata l’esistenza sin dal IX secolo, contiene volumi in papiro, in pergamena e quindi in carta. Nonostante gli inevitabili periodi di decadenza, legati ad eventi non solo politico-militari ma anche geologici come il sisma del 1349, la biblioteca gode dei benefici effetti di riorganizzazione interna sia nel Cinquecento e Seicento (la vasta aula e la monumentale scaffalatura), che nel Settecento con l’ampliamento del complesso bibliotecario. Nel 1866 la biblioteca viene costituita ente pubblico. Il 15 febbraio 1944 l’Abbazia viene distrutta dai bombardamenti alleati, ma i fondi dell’archivio e della biblioteca, messi in salvo per tempo, possono essere ricollocati con la ricostruzione avvenuta nel 1955. Attualmente la consistenza del materiale consultabile (non l’effettivo posseduto, in parte ancora inedito e non catalogato) è di 72.101 volumi, 198 incunaboli, 1500 codici, 20.000 pergamene, 2063 cinquecentine, 259 titoli di periodici, materiale audio e video.

Nel 2003 viene pubblicato il primo elenco dei fondi musicali del monastero, a cura di Giovanni Insom, al cui interno vengono elencate una nutrita serie di composizioni di Fedele Fenaroli47.

Qui si trova l’elenco desunto dalla pubblicazione di Insom.

Le composizioni conservate a Lanciano

Per quanto riguarda la fonti conservate attualmente nella Biblioteca Diocesana di Lanciano, il primo lavoro in tempi moderni è stato quello della tesi di laurea di Andreina Costantini realizzata per l’Università di Bologna (DAMS) nel 1978/7948. Nella tesi vengono schedate manualmente, secondo i criteri di catalogazione della musica indicati dal RISM, o Repertoire Internationale des Sources Musicales, , anche le opere di Fenaroli indicandone anche l’organico ed inserendo l’incipit musicale, tutto a mano, come era possibile in quegli anni. Si tratta di 22 titoli non completi in quanto sono esistenti solo le parti staccate contrassegnati da indicazioni delle lettere alfabetiche L e M che corrispondevano alla posizione dei documenti negli scaffali. I brani sono stati visionati recentemente da Massimo Salcito, il quale ne ha sostanzialmente confermato l’esistenza e la conformità alla schedatura della Costantini, che stabiliva la cronologia dei brani in copie coeve alla vita di Fenaroli, seconda metà del XVIII e primo XIX secolo. 

È necessario infine sottolineare che la tesi della Costantini ha consentito ad altri enti (RISM) in primis e URFM di Milano49 di inserire i dati rilevati in altri database o repertori.

Precedentemente al lavoro della Costantini esistevano gli elenchi manoscritti delle opere redatti dell’Archivario del Coro dei Musici50 e consegnati ai responsabili dell’Istituzione. In particolare esistono due inventari: quello realizzato da Ferdinando Taglioni nel 1846 e quello dell’ingegner Filippo Sargiacomo del 1874.

Qui l’elenco delle opere di Fenaroli citate da Taglioni.

L’Inventario di tutte le musiche tanto di funzioni chiesastiche, quanto delle sinfonie, pertinenza della Congregazione di Carità, per uso del Coro dei Musici che presta servizio nel Tempio di Nostra Donna del Ponte (dicembre 1874) è uno strumento molto interessante in quanto redatto in forma tabellare con la consueta precisione di tutti i lavori svolti dall’ingegner Sargiacomo, che era anche consigliere della Congregazione di Carità.

Qui l’elenco delle trentatré opere di Fedele Fenaroli.

Anche nel volume curato da Mario Lanci nel 1980 è riportato un elenco delle opere di Fenaroli conservate nella Biblioteca della Santa Casa del Ponte. Lanci, che cita 26 titoli, indica una biblioteca che potrebbe coincidere ancora con l’ubicazione antica ossia quella degli armadi della Sagrestia della cattedrale e della Congregazione di Carità visto che l’attuale Biblioteca diocesana risale al 1987.

A conclusione di questa disamina si possono trarre alcune semplici deduzioni. La prima è che la Costantini avesse esaminato una situazione molto diversa da quella descritta da Sargiacomo, visto che si passa dalle 33 opere del 1874 alle 22 del 1979. Vi sono differenze anche con l’elenco di Lanci, precedente cronologico della tesi di laurea. La seconda è che i due oratori si trovavano ancora nel 1930 nella Chiesa di San Francesco e non erano quindi proprietà della Cattedrale.

Altre fonti

Le opere di Fedele Fenaroli si trovano in diverse biblioteche e istituzioni italiane e straniere. Per l’Italia il modo più semplice di verificare è quello di accedere al catalogo on line del Servizio Bibliotecario Nazionale. Vi sono però varie pubblicazioni a stampa che richiamano al nostro compositore. A solo titolo d’esempio, e specificando che si tratta di informazioni ancora prive di ulteriori controlli, elenchiamo qui le principali:

Claudio Sartori, I libretti italiana a stampa dalle origini al 1800, Milano, Bertola & Locatelli editori, 1990-1994: L’Abigaille, Cava 1766; Cantata, Napoli, 1777; Cantata e tre voci, Napoli 1768; I due sediarj, Napoli, 1759; Il martirio, Napoli, 1783; La sconfitta degli Assiri, Roma, 1789; Zenobia, Napoli, 1767.

Biblioteca dell’Istituto Musicale “Nicolò Paganini”. Catalogo del fondo antico a cura di Salvatore Pintacuda, Milano, Istituto Editoriale Italiano, 1966: Duetti per Camera per due Soprani con b. cont.; Concerto XXI a due violini, violetta e basso, 1758; Sonate per cembalo.

Assisi. La cappella della Basilica di San Francesco. Catalogo del fondo musicale della Biblioteca Comunale di Assisi, Milano, Istituto Editoriale Italiano, 1962: La sconfitta degli Assiri (21 parti).

Giuliana Gialdroni e Teresa M. Gialdroni, Libretti per musica del fondo Ferrajoli della Biblioteca Apostolica Vaticana, Lucca, LIM, 1993: Abigaille; La sconfitta degli Assiri, 1789.

Glorificazione, mito e oblio del personaggio

Dalla morte al mito locale

Certamente Fedele Fenaroli, come abbiamo già ricordato parlando del maestro Rotellini, ha esercitato in vita un’influenza non solo a Napoli ma anche nella sua città natale. La famiglia Fenaroli si estingue con Tiberio (1817-1898) a fine Ottocento51, e pertanto vi è una continuità di azione anche dei discendenti sul tessuto sociale. Tra i tanti discepoli del grande compositore sembra possibile che vi sia stato Raffaele Masciangelo, violoncellista e padre di Francesco Masciangelo che era stato compagno di studi di Saverio Mercadante, certamente allievo di Fenaroli. Almeno in un caso siamo certi che Francesco Masciangelo aveva diretto il Mottetto di Fenaroli Fronte Leta poiché egli stesso scrive di aver eseguito l’opera il 15 settembre 186852. Possiamo immaginare che il maestro di cappella Masciangelo fosse legato alla tradizione musicale che continuava a rappresentare e alla figura di Fenaroli i cui Partimenti aveva studiato nel corso della sua formazione53 e non è affatto improbabile che abbia diretto e fatto ri-eseguire più opere del celebre concittadino.

Tale frequentazione con le opere di Fenaroli scema nel tempo anche se la sua figura viene costantemente ricordata sia in occasione delle celebrazioni come quella concernente la realizzazione del busto nel 1930 (200 anni della nascita) ancora oggi posto davanti alla vecchia stazione, sia delle istituzioni che richiamano il nome del musicista a partire dal Teatro Comunale (intitolazione avvenuta dopo il periodo borbonico), per proseguire con la Banda Fenaroli (1892), il Cenacolo Fenaroli fondato dal musicologo Manlio La Morgia nel 1959, la Scuola Civica di Musica (1974),  l’Associazione Amici della Musica “F. Fenaroli” (1975). Fenaroli è quindi sicuramente il mito musicale di Lanciano ma, nel tempo, le sue opere sono state ascoltate sempre meno. Ricordiamo lo spazio dedicato dai Corsi Musicali Estivi di Lanciano nel 1980 (250° della morte) con la Settimana Fenaroliana (5-10 agosto) nella quale vennero eseguite tre Sonate per violino e clavicembalo, la Pastorale in sol maggiore, l’Andante in re maggiore e quattro minuetti, Trattenimento in sol maggiore, Trattenimento in sol minore, Manus tuae fecerunt me, Cara tibia grato sono, Stabat Mater. Lo Stabat, opera forse tra le più belle del Mastro frentano, fu poi replicato anche dalla Camerata Anxanum di Lanciano che ha pubblicato con la Regione Abruzzo l’opera con altre composizioni54. Insomma, una presenza non costante nelle attività della città che ha lasciato in ombra proprio le opere, non studiate e riproposte sistematicamente, mentre rimane inalterata la figura del grande didatta che il pubblico, ed anche i musicisti che non se ne sono occupati espressamente, conoscono assai poco. Sono state realizzate anche alcune incisioni di Fedele Fenaroli ma ciò non è bastato, in passato, a generare una costante attenzione. Fortunatamente i tempi recenti vedono una forte ripresa di interesse verso il musicista da parte di studiosi in tutto il mondo.

Fortuna e ricezione fino al XIX sec.

Francesco Florimo, nella sua fortunata ricognizione storico-musicale del contesto partenopeo denominata La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatorii afferma:

«Presentemente tutti i maestri di Napoli, e segnatamente quelli che insegnano nel Real Collegio di Musica, adottano l’opera di Fenaroli, come fu scritta dall’autore, e ne seguono fedelmente le tradizioni che diedero in ogni tempo i più felici risultamenti.»55

Florimo scrisse della fortuna dell’opera fenaroliana nella seconda metà dell’Ottocento; ciò fa presumere che l’uso dei partimenti all’interno delle istituzioni conservatoriali per lo «studio dell’armonia sonata e del contrappunto pratico»56 sopravvisse alla morte del suo autore e si diffuse in maniera capillare non solo a Napoli ma anche in altri ambienti musicali, italiani ed europei. A tal proposito, sappiamo sempre da Florimo che Alexandre Étienne Choron (1771-1834), musicologo, annoverato da Fétis come il più grande teorico musicale francese, fu tra i primi non italiani a recepire la fortunata opera fenaroliana, tanto da studiarla ed annoverarla in un suo trattato totalmente dedicato al metodo del partimento di scuola napoletana; i Principes d’accompagnement des Ecoles d’Italie (1804), opera a mo’ di antologia annotata di partiture di maestri italiani del Settecento, è primariamente strutturata sulla base delle Regole musicali per i principianti di cembalo di Fedele Fenaroli. L’interesse francese per l’opera del didatta frentano non si esaurisce con l’esperienza di Choron, seppur indubbiamente importante nell’ambito della ricezione d’oltralpe della musica italiana. È necessario osservare che l’operazione choroniana s’inserisce in una più globale riformulazione della didattica musicale parigina, che ebbe come suo culmine la riapertura del Conservatorio della città nel 1816 dopo la caduta del regno napoleonico; all’epoca si creò una vera e propria osmosi tra tradizione musicale italiana e contesto francese, quest’ultimo sempre più interessato a prelevare paradigmi e metodi compositivi per la sua scuola. In questo contesto si inseriscono anche le due edizioni francesi dei partimenti di Fenaroli (1814), volute da Emanuele Imbimbo, pupillo di Giuseppe Sigismondo57.

Tornando all’ambito italiano, ci dobbiamo rivolgere proprio alla figura di Emanuele Imbimbo (1756 – 1839)58 per comprendere in maniera chiara la fortuna dei partimenti di Fedele Fenaroli, successo – di stampa, s’intende, coniugato ad una certa “staticità” dei programmi formativi del Conservatorio – prolungato fino alle soglie del Novecento. Bisogna intendersi ancora una volta sulla “natura” di questo successo. Come avverte Sanguinetti, tale fortuna 

«non deve far pensare che la tradizione del partimento sia continuata per intero così a lungo. In realtà̀, a parte alcune eccezioni, il solo Fenaroli continuò ad essere ristampato ininterrottamente, sia in edizioni che sostanzialmente riproducevano quelle ottocentesche, sia in edizioni variamente commentate, sia ancora in originali arrangiamenti. L’opera di Fenaroli divenne così una sorta di palinsesto, o meglio di opera aperta; dove, sulla base del testo più o meno fedelmente preservato, ogni edizione aggiungeva paragrafi e commenti, a volte distinguendoli in qualche modo dall’originale, a volte no.»59

Le edizioni di Imbimbo (pubblicata a Parigi da Carli), volute inizialmente per il pubblico francese, furono pensate proprio come un lavorio didattico di aggiunta al testo del maestro lancianese, in risposta alla necessità di far conoscere una tradizione compositiva che molto aveva lasciato per iscritto ma che, ancor di più, circolava negli ambienti musicali partenopei attraverso precetti di natura orale. Quale miglior modo per far comprendere la natura dei partimenti ai musicisti francesi se non imprimendo su foglio da stampa ciò che il rapporto maestro-discente produceva esclusivamente per via orale? Ma c’è di più: l’interesse di Imbimbo, che sembra poi esser permeato in tutte le edizioni commentate successive dei partimenti di Fenaroli, era quello di dar testimonianza di una pratica compositiva che vedeva l’utilizzo del partimento «come base per composizioni scritte, diverse per genere, stile, e organico»60.

Dalla pubblicazione francese si è passati velocemente alla stampa italiana: Ricordi di Milano raccoglie con entusiasmo l’operato di Imbimbo, proponendo la stessa edizione bilingue, «prima edizione commentata dei partimenti di Fenaroli»61.

In un suo recente saggio, Sanguinetti ci dice che tale l’edizione fenaroliana si struttura secondo un’audace articolazione fra i sei libri dei partimenti e un discorso didattico stilato dallo stesso Imbimbo, diviso in due parti: Discorso preliminare e Ristretto de’ principi musicali per servire d’introduzione a’ Partimenti del Sig. Fenaroli. Quest’ultimo testo è a sua volta sezionato in 6 capitoli, e aggiorna le regole di Fenaroli secondo un gusto razionale tipicamente francese. Strettamente legato alle edizioni di cui sopra, Imbimbo scrisse anche Seguito de’ Partimenti, ossia Esercizio d’armonia vocale e instrumentale sopra i bassi fugati, pubblicati sempre a Parigi. In quest’ultima opera, incentrata su una serie di realizzazioni di partimenti del IV, V e VI di Fenaroli, Imbimbo si sofferma soprattutto su consigli pratici per la composizione fugata. Oltre le edizioni di Imbimbo, bisogna necessariamente, sempre ai fini del nostro discorso, citare altre edizioni successive che, come vedremo, risultano “imparentate” con quella che era l’iniziativa improntata dall’intellettuale napoletano. Edizione dei partimenti che ebbe una certa diffusione nella prima metà dell’Ottocento (la prima edizione è del 1825; la seconda intorno al 1851) fu senza dubbio quella curata da Emanuele Guarnaccia, di cui si hanno poche e incerte notizie biografiche62.

n tale edizione, il curatore sia il testo originale del partimento che la sua realizzazione. C’è da dire, però, che «molte delle realizzazione di Guarnaccia sono identiche a quelle presenti in un manoscritto di Angelo Catelani nella Biblioteca Estense di Modena»63. Inoltre il testo redatto a mo’ di spiegazione del processo compositivo è in gran parte desunto da quello di Imbimbo.

Altra edizione da porre in risalto, che vede però il recupero nella stampa delle Regole così come volute dal maestro frentano, è quella di Placido Mandacini (1799-1852), contrabbassista nell’orchestra del teatro di Reggio Calabria64.

Non mancano al testo le aggiunte ottocentesche di Mandacini, che svelano il suo legame didattico con Pietro Raimondi nello studio della composizione. Una certa complessità armonica, infatti, scaturisce dalle considerazioni di Mandacini sul testo dei partimenti, annettendo alla realizzazione di quest’ultimi molte delle prassi poi consolidatesi durante l’Ottocento: l’impiego di accordi di nona dominante, l’ampliamento delle cadenze, la distinzione fra tipi di imitazioni65.

Rilevante ai fini della nostra trattazione è anche l’ampio commento teorico promosso dal compositore Luigi Felice Rossi (1805-1863) alle edizioni dei partimenti del 1844 e del 1855. Didatta e critico musicale, Rossi fu sempre incline ad uno studio teorico della musica razionalmente fondato e profondo conoscitore delle varie metodologie didattiche in voga al suo tempo66.

La necessità di una teoria più organica e scientificamente stabile ha fatto sì che Rossi sostituisse interamente le Regole di Fenaroli per proporre al lettore un suo ampio Trattato di accompagnamento, diviso in due sezioni: una prima dedicata all’accompagnamento accordale tout court («armonico») e una seconda elaborata a partire dall’utilizzo di note estranee al processo armonico puro (para-armoniche) come note di passaggio, di volta, ritardi, anticipazioni e così via. La sistematizzazione teorica della risoluzione dei partimenti da parte di Rossi ha sì offerto ordine ad un insieme confuso di regole scritte e orali, ma ha anche determinato un allontanamento della teoria dalla tradizione puramente partenopea. Quello di Rossi, infatti, è, come afferma Sanguinetti, «un trattato di armonia nel senso ottocentesco, interamente basato sul basso fondamentale e sui rivolti»67, e quindi un tentativo di modernizzazione dei processo compositivo dei partimenti.

[Immagine ritratto Choron]

[Immagine ritratto Mandacini]

La Fenaroli renaissance

Con la ristampa nel 1930 dei Partimenti editi dalla casa editrice milanese Sonzogno del 1883, di fatto si concluse la prima e probabilmente, a oggi, la più fortunata e significativa fase di fama e successo per il compositore frentano. Dagli inizi del XIX secolo, infatti, la fortuna editoriale dei Partimenti, non solo in Italia, ma anche all’estero, diede reputazione imperitura e costante al compositore abruzzese ed al suo metodo, nonché mantenne una vasta eco ed attenzione sulla Scuola Napoletana, almeno dal punto di vista didattico.

I circa quarant’anni che seguirono, ossia dal 1930 al 1969 circa, furono di oggettiva oscurità.

Non poco peso in proposito ebbero certamente contestuali ed importanti fenomeni del panorama musicale internazionale, come l’affermarsi del dodecafonismo, di cui Arnold Schoenberg (1874-1951), fu indiscusso protagonista, anche grazie alla cosiddetta “Seconda Scuola di Vienna” (Anni Venti del Novecento).

L’anno che segna una effettiva rinascita italiana per le sorti del compositore abruzzese è il 1968, quando il pianista nonché direttore Carlo Zecchi (1903-1984), in collaborazione con il pianista Hans Fazzari, dà alle stampe per la casa editrice milanese Carisch la prima pubblicazione fenaroliana in tempi moderni, gli Otto Minuetti, seguiti l’anno successivo dall’Andante (ossia Rondò) in re maggiore.

Non si trattava certo di un’operazione che oggi definiremmo ‘filologica’, bensì un esplicito adattamento delle composizioni galanti al pianoforte romantico e in notazione moderna, fortemente rimaneggiata in senso interpretativo.

La campagna editoriale della Carisch ebbe breve durata, risultando alla fine la raccolta composta da appena tre numeri, e con in più il limite che la terza uscita era dedicata ad una sonata in fa maggiore di Giovanbattista Pergolesi.

L’operazione ebbe comunque un notevole successo, anche in termini di vendite, come testimonia il sistema di catalogazione SBN OPAC, che segnala circa cento copie a stampa attualmente custodite nelle biblioteche dei Conservatori di Musica e degli Istituti Musicali nazionali.

Anche la fama del revisore, Carlo Zecchi, ebbe il suo peso. Zecchi era stata infatti una figura significativa del panorama musicale italiano ed europeo degli Anni Sessanta e Settanta del Novecento: docente al Mozarteum di Salisburgo, all’Accademia di Santa Cecilia di Roma e all’Accademia Musicale di Siena, era anche un famoso direttore d’orchestra, insegnante di personaggi del calibro di Zubin Metha, Claudio Abbado e Daniel Barenboim.

Non secondario era stato anche l’obiettivo strategico della raccolta, come esplicitamente dichiarato nella prefazione, di porre i minuetti del Fenaroli in competizione con analoghe composizioni di Mozart e Haydn per l’uso didattico pianistico.

Sfortunatamente, il tentativo editoriale della Carisch non fu portato avanti dopo la fine della collaborazione con Zecchi (interruzione della quale non sono noti peraltro i motivi), né ripreso da altre case editrici dell’epoca.

La pubblicazione fu però d’interesse per un pianista e compositore abruzzese che muoveva i primi passi di un ambizioso progetto di recupero e valorizzazione dei compositori storici abruzzesi, Antonio Piovano(1938).

Piovano, alla pari di analoghe operazioni divulgative condotte su compositori come il musicista di Villa Santa Maria, Carlo Cotumacci, s’interessò all’opera di Fenaroli anche grazie alla pubblicazione a stampa di Zecchi, tanto da inserire gli Otto Minuetti, l’Andante in re maggiore e alcune sonate per Violino e Pianoforte, in un LP celebrativo edito nel 1979 dalla Regione Abruzzo. Si trattò di fatto della prima registrazione sonora in epoca moderna.

Antonio Piovano, negli anni successivi e fino a tempi recenti, continuò periodicamente ad interessarsi all’opera di Fenaroli, sia eseguendo che pubblicando cantate, raccolte di sonate per Violino e Clavicembalo, opere sacre (i Dixit Dominus), nonché varie altre composizioni per strumenti a tastiera.

Negli anni Settanta altri musicisti si interessarono all’opera del Fenaroli, come ad esempio l’organista della Pontificia Basilica Antoniana di Padova Mario Voltolina (1922-1992). Un saggio dello studioso e concertista, assieme ad un intervento di Antonio Piovano, vennero inseriti nella pubblicazione celebrativa realizzata nel 1980 dal lancianese Mario Lanci (1928-1992),sotto l’egida del Comune di Lanciano. La ricerca promossa da quest’ultimo, pur se in buona parte ristampa di studi apparsi nei primi del Novecento (Bellini, Di Loreto) è comunque da annoverarsi come la prima significativa pubblicazione moderna sul Fenaroli.

Intanto, anche se con difficoltà, anche la ricerca universitaria cominciava ad interessarsi ad opere e documenti musicali di Fedele Fenaroli.

Andreina Costantini, all’Università di Bologna (DAMS) discusse nell’anno accademico 1978-1979 una tesi su I manoscritti musicali dell’Archivio della Cattedrale di Lanciano (relatore Franco Alberto Gallo), di cui una cospicua percentuale, 26 opere sacre, sono legate al nome del compositore frentano.

Circa venti anni dopo, Maria Teresa La Farciola discusse nell’anno accademico 1996-1997 la tesi di laurea Fedele Fenaroli. Aspetti della produzione sacra: lo Stabat Mater, presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, Facoltà di Lettere e Filosofia (relatore Raoul Meloncelli, correlatore Francesco Sanvitale).

Gli Anni Ottanta, e l’affermarsi della nuova tecnologia sonora digitale, diedero un certo impulso, purtroppo anche in questo caso in maniera sporadica, alla diffusione delle composizioni del Fenaroli.

Il primo fu l’organista Arturo Sacchetti nel 1987, con il riversaggio in CD di un LP degli anni precedenti, dal titolo L’Organo Napoletano nel XVIII secolo per la Arts (Apertura e Sonata in la maggiore, in realtà due composizioni tratte da una suite per Clavicembalo di Georg Friderich Haendel, erroneamente attribuite al Fenaroli).

Un’interessante e prestigiosa registrazione è stata quella relativa allo Stabat Mater, al Mottetto per l’Immacolata Concezione e all’inno Pange Lingua realizzata dai Solisti dell’Accademia Musicale Napoletana diretti da Maurizio Ciampi (1964) e pubblicata per la Nuova Era nel 1998: vi si faceva uso, una delle prime volte per il panorama nazionale, di un contraltista maschile quale voce solista.

In tempi più recenti, nel 2005, lo Stabat Mater è stato oggetto di una ulteriore incisione a cura del direttore d’orchestra Manfredo Dorindo Di Crescenzo con l’orchestra Corelli Chamber Orchestra per l’etichetta teramana Wide Classique.

L’unico tentativo editoriale di un certo peso fu invece quello condotto dalla casa editrice Armelin (Euganea) di Padova, che pubblicò nel 1998 quattro fascicoli dedicati ad opere per tastiere del Fenaroli, trascritte e revisionate da Maurizio Machella.

Pur ottenendo un discreto successo di vendita, anche questa iniziativa venne di fatto abbandonata negli anni successivi.

In tempi più recenti, ulteriori limitati tentativi editoriali di musica a stampa sono stati approntati dalle case Eurarte e Da Vinci.

Il 15 e 16 novembre 2008, a Lanciano, si svolse il primo convegno nazionale dedicato al personaggio, dal titolo Fedele Fenaroli, il didatta ed il compositore. Gli atti, pubblicati nel 2011 dalla LIM di Lucca, contengono la prima serie di ricerche moderne, con temi che vanno dall’economia e società (Alessandra Bulgarelli Lukacs) alla genealogia (Giovanni Fenaroli, Gianfranco Miscia), dalle attività musicali lancianesi e abruzzesi del periodo (Miscia) al teatro napoletano (Paologiovanni Maione – Francesca Seller), la Nobile Accademia di Musica dei Cavalieri (Lucio Tufano), alla didattica dei Conservatori e i Partimenti (Rosa Cafiero, Giorgio Sanguinetti), alla specifica analisi di singole composizioni fenaroliane (Alberto Mammarella e Marco Della Sciucca). La pubblicazione si pone ancora oggi come un vero e proprio testo di riferimento su Fenaroli.

Con gli inizi del XXI Secolo, l’attenzione alla figura di Fenaroli diventa funzionale non tanto al personaggio in sé, quanto alla riscoperta dei Partimenti, il metodo di composizione per eccellenza della Scuola Napoletana. Le pubblicazioni che seguono, pur non monografiche, riguardano però anche l’opera di Fedele Fenaroli, in particolare sulle caratteristiche dello Stile Galante e dei Partimenti68.

Meno significativo ma comunque interessante, il saggio di Fabio Dell’Aversana avente per argomento un parallelismo tra le sonate per strumenti a tastiera di Fenaroli e quelle di Domenico Cimarosa, pubblicata per la PM edizioni di Velletri nel 201569.

Il progetto contenitore realizzato dal Conservatorio di Musica “Luisa d’Annunzio” di Pescara in occasione del secondo bicentenario dalla morte (1818-2018), circa un anno dedicato a concerti, conferenze, mostre, laboratori, tutti nel nome del compositore frentano, è l’iniziativa più recente di cui si ha notizia.

Fenaroli risulta di fatto ancora alla ricerca di una sua dimensione di riscoperta e collocazione, sia storico-musicale che compositiva.

Celebrazioni, mito e oblio del personaggio

La figura di Fedele Fenaroli subisce nel tempo i processi tipici delle glorie locali che assurgono a rappresentare emblematicamente un ambito significativo della storia della città o addirittura la città in quanto tale. Processi frequenti con i personaggi che, a torto o a ragione, diventano i rappresentanti di una identità forte e distintiva (ad esempio i casi di d’Annunzio per Pescara, Tosti per Ortona, ecc.). Dopo vite straordinarie si passa normalmente alle celebrazioni post mortem o in occasioni delle ricorrenze, fino a mitizzare quegli uomini attribuendogli doti e ruoli nella storia e oltre la storia. La popolazione che ha intitolato a Fedele Fenaroli vie, Teatro, Scuole, Associazioni musicali in via quasi esclusiva, non considerando altri eventuali personaggi di punta della musica, perde, nel tempo, la consapevolezza critica del personaggio assumendo come fatti certi ciò che la tradizione ci consegna. Il mito comincia a sfocare progressivamente nell’oblio poiché nessuno si pone più il compito di analizzare correttamente la storia e le opere ma si limita a citare i grandi senza più avere consapevolezza alcuna della reale vicenda artistica e storica. Restano quindi la toponomastica e le intitolazioni ma le opere sono dimenticate e con esse il valore del loro messaggio. Poi fortunatamente, per volontà di pochi e per circostanze imprevedibili, si ricomincia a studiare per dare consistenza e sostanza ai personaggi che ci rappresentano e caratterizzano come singoli e comunità.

Dalla morte al mito locale

Certamente Fedele Fenaroli, come abbiamo già ricordato parlando del maestro Rotellini, ha esercitato in vita un’influenza non solo a Napoli ma anche nella sua città natale. La famiglia Fenaroli si estingue con Tiberio (1817-1898) a fine Ottocento70 e pertanto vi è una continuità di azione anche dei discendenti sul tessuto sociale. Tra i tanti discepoli del grande compositore sembra possibile che vi sia stato Raffaele Masciangelo, violoncellista e padre di Francesco Masciangelo che era stato compagno di studi di Saverio Mercadante, certamente allievo di Fenaroli. Almeno in un caso siamo certi che Francesco Masciangelo aveva diretto il Mottetto di Fenaroli Fronte Leta poiché egli stesso scrive di aver eseguito l’opera il 15 settembre 186871. Possiamo immaginare che il maestro di cappella Masciangelo fosse legato alla tradizione musicale che continuava a rappresentare e alla figura di Fenaroli i cui Partimenti aveva studiato nel corso della sua formazione72 e non è affatto improbabile che abbia diretto e fatto ri-eseguire più opere del celebre concittadino.


Fonti e note al testo

Bibliografia

1. Nell’atto di battesimo, oltre a Fenaroli compaiono i nomi di Marco, Filippo e Ferdinando. Liber Baptizatorum 1729-1754, cc. 7, r e v. L’atto è stato trascritto da GIUSEPPE MARIA BELLINI, Fedele Fenaroli, notizie biografiche, Firenze, Tipografia Arcivescovile, 1909, p. 4.

2. FRANCESCO FLORIMO, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatori con uno sguardo sulla storia della musica in Italia, Napoli, Morano, 1882, rist. an., Bologna, Forni, vol. II, pp. 352-357.

3. GIUSEPPE DE NAPOLI, La triade melodrammatica altamurana: Giacomo Tritto, Vincenzo Lavigna, Saverio Mercadante, Milano, Industrie Grafiche Rosio & Fabe, [1931], p. 50.

4. in MARIO LANCI (a cura di), Fedele Fenaroli. Studi, documenti, testimonianze, Lanciano, Comune di Lanciano, 1980.

5. Cfr. GIANFRANCO MISCIA (a cura di), Fedele Fenaroli. Il didatta e il compositore, Lucca, Libreria Musicale Italiana, 2011, pp. 71-72.

6. Il matrimonio venne celebrato ad Atessa, nella Chiesa di S. Leucio, nel 1749.

7. SIEGFRIED GMEINWIESER, Fenaroli, Fedele, Grove’s Dictionary of Music and Musicians su oxfordmusiconline.com,https://doi.org/10.1093/gmo/9781561592630.article.09461.

8. Cfr anche ROSA CAFIERO, La didattica del partimento. Studi di storia delle teorie musicali, Milano, LIM, 2020. Tutto il capitolo 5 è dedicato a Fenaroli, pp. 109-140.

9. Cfr. GIUSEPPE SIGISMONDO, Apoteosi della musica nel Regno di Napoli, Roma, Società Editrice di Musicologia, 2016, p. 197.

10. Libretto conservato nella Biblioteca Comunale di Lanciano, fondo Cappuccini di Lanciano. Vari Drammi XXVI (1.IV.33).

11. Libretto conservato nella Biblioteca Comunale di Lanciano, fondo Cappuccini di Lanciano. Vari Drammi XXVI (1.IV.34).

12. Per una descrizione delle attività musicali a Lanciano, cfr. GIANFRANCO MISCIA, Fenaroli e le attività musicali a Lanciano e in Abruzzo nel Settecento. Un tentativo di ricostruzione attraverso i libretti, in Fedele Fenaroli. Il didatta e il compositore, cit., pp. 75-120.

13. Sulla storia ed evoluzione dei quattro Conservatori napoletani, cfr. F. FLORIMO, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatorii, cit.

14. Cfr. ENZO AMATO, I quanto antichi Conservatori di Napoli. La musica del sole. Viaggio attraverso l’insuperabile scuola musicale napoletana del Settecento, Napoli, Edizioni Controcorrente, 2012. FRANCESCO CIRILLO, Le ore dei figliuoli, Napoli Boscotrecase, Centro Ricerca e Sperimentazione Musicale, 2016; ROSSELLA DEL PRETE, Un’azienda musicale a Napoli tra Cinque e Settecento: il Conservatorio della Pietà dei Turchini, «Storia Economica», Anno II, Fascicolo II, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1999, pp. 413-464; ANTONIO CARROCCIA, L’istruzione musicale nei conservatori dell’Ottocento tra regolamenti e riforme degli studi. I modelli di Milano e Napoli”, in SIRCH – SITA’ – VACCARINI (a cura di), L’insegnamento dei conservatori, la composizione e la vita musicale nell’Europa dell’Ottocento, Lucca, LIM, 2012, pp. 207-328.

15. MARINA MARINO, La musica sacra nel Settecento a Napoli, in Francesco Cotticelli e Paologiovanni Maione (a cura di), Storia della musica e dello spettacolo a Napoli. Il Settecento, Napoli, Turchini Edizioni, 2009, 2 voll., II, pp. 823-923.

16.  Ibidem, p. 823.

17. BENEDETTO CROCE, I teatri di Napoli, Napoli, Pierro, 1891.

18. VINCENZO NAYMO, Istituzioni ecclesiastiche e poteri municipali in una diocesi del Regno di Napoli fra Cinque e Settecento, in ALBERTO MONTICONE e MARIO TOSTI (a cura di), «Europa Mediterranea», Studi di storia moderna e contemporanea in onore di Angelo Sindoni, Studium, 2018.

19. FABIO FRANCESCHI, Istituzioni ecclesiastiche nel Settecento in Italia tra potere spirituale e potere secolare, in «Stato, Chiese e pluralismo confessionale»,rivista telematica (www.statoechiese.it), gennaio 2007, dicembre 2020.

20. MARTA COLUMBRO – PAOLOGIOVANNI MAIONE, La cappella musicale del tesoro di San Gennaro di Napoli tra Seicento e Settecento, Napoli, Turchini edizioni, 2008.

21. https://it.wikipedia.org/wiki/Teatro_di_San_Carlo.

22. PAOLOGIOVANNI MAIONE, ‘La Real Azienda’: la Cappella Musicale di Napoli tra Sei e Settecento, «I Quaderni del Conservatorio ‘Domenico Cimarosa’ di Avellino», I, 2015, pp. 57-68.

23. LUCIO TUFANO, Fenaroli e la Nobile Accademia di Musica dei Cavalieri”, in G. Miscia (a cura di), Fedele Fenaroli. Il didatta e il compositore, cit., pp. 143-170.

24. Cfr. G. SIGISMONDO, Apoteosi della musica nel Regno di Napoli, cit., p. 100.

25. Cfr. F. FLORIMO, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatori con uno sguardo sulla storia della musica in Italia, cit., pp. 352-357.

26. Cfr. LUCIO TUFANO, Fenaroli e la Nobile Accademia di Musica dei Cavalieri, cit., pp. 143-169.

27. ROSA CAFIERO, La didattica del partimento. Studi di storia delle teorie musicali, Milano, LIM, 2020, pp. 109-140.

28. Dovrebbe trattarsi di Domenicantonio Rotellini, maestro e organista della Santa Casa del Ponte di Lanciano dal 1735 al 1785. Cfr. GIANFRANCO MISCIA, Fenaroli e le attività musicali a Lanciano e in Abruzzo nel Settecento. Un tentativo di ricostruzione attraverso i libretti, cit., tabella 1, Elenco dei maestri di cappella e musicisti a Lanciano nel 1700.

29. ROSA CAFIERO, La didattica del partimento. Studi di storia delle teorie musicali, cit., Appendice, p. 135. Le lettere sono state pubblicate dalla stessa autrice, ‘La musica è di nuova specie, si compone senza regole’, Fedele Fenaroli e la tradizione didattica napoletana tra Settecento e Ottocento in G. Miscia (a cura di), Fedele Fenaroli il didatta e il compositore, cit., pp. 171-207.

30. MARIA TERESA LA FARCIOLA, Fedele Fenaroli. Aspetti della produzione sacra: lo Stabat Mater, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, a.a. 1996-1997 (Relatore: Raoul Meloncelli; Correlatore: Francesco Sanvitale), pp. 34-35, 133-134.

31. Lettera a Santucci del 15 dicembre 1808, in ROSA CAFIERO, La didattica del partimento. Studi di storia delle teorie musicali, cit., p. 121.

32. Ibid, p. 121.

33. A seguire, le datazioni e le edizioni ad oggi censite: 1775, MAZZOLA-VOCCOLA; 1781, BIAGIO MUSCOGIURI; 1795, MAZZOLA-VOCOLA; 1795, SANGIACOMO; 1774, I-Bsf MF I-8;     1780, I-Mc Noseda Th.c.115; 1780, I-Mc Noseda Th.c.121; 1802, SANGIACOMO; 1814, SANGIACOMO.

34. Si tratterà di un paragone azzardato per le nuove generazioni, ma per chi li ha conosciuti direttamente, negli Anni Ottanta del Novecento si sarebbe fatto certamente riferimento alla fortunata serie dei “Bignami”, particolarmente utilizzata in occasione degli esami di Stato.

35. VINCENZO CAPORALETTI, I modelli cognitivi visivo e audiotattile. Criteri epistemologici e modalità d’implementazione, «Quaderni di Pedagogia e Comunicazione musicale», EUM – Edizioni Università di Macerata, 2018, p. 118, nota 41.

36. In questa caso, risulta preferibile la classificazione per città, editore e quindi data di stampa. ROMA: IMBIMBO, 1800; FIRENZE: BERLETTI, 1800 ca; FIRENZE: LORENZI, 1800 ca «per uso degli Alunni dell’I.R. Accademia delle Belle Arti di Firenze»; TORINO: STAB. MUSICALE GIUDICI E STRADA, 1865; MILANO: LUCCA, 1850 (con Luigi Rossi); MILANO (RICORDI) – FIRENZE (GRUA), 1825 «per uso degli alunni del Real Conservatorio di Napoli»; MILANO: SONZOGNO, 1883, con ristampe fino al 1930.

37. GIORGIO SANGUINETTI, Il Gradus ad Parnassum di Fedele Fenaroli, in G. Miscia (a cura di), Fedele Fenaroli. Il didatta e il compositore, cit., p. 200.

38. RENATO BOSSA, Fenaroli, Fedele, in Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti, Torino, Utet, p. 729.

39. ALBERTO BASSO, Storia della musica. Dal Barocco al 1830, II, Torino, Utet, p. 1009.

40. CLAUDIO BACCIAGALUPPI, »E viva Benedetto XIV!« L’enciclica »Annus qui« (1749) nel contesto dei rapporti musicali tra Roma e Bologna, «Schriftenreihe Analecta musicologica». Veröffentlichungen der Musikgeschichtlichen Abteilung des Deutschen Historischen Instituts in Rom, Band 47 (2011). Herausgegeben vom Deutschen Historischen Institut Rom, p. 224.

41. ROSA CAFIERO, La didattica del partimento, cit., p. 112.

42. Cfr. <https://rism.info/>.

43. Cfr. VINCENZO BINDI, Artisti abruzzesi: pittori, scultori, architetti, maestri di musica, fonditori, cesellatori, figuli dagli antichi a’moderni: notizie e documenti, Napoli, De Angelis e Figlio, 1883, rist. an., Bologna, Forni, p. 118.

44. GIANFRANCO MISCIA, Fedele Fenaroli, docente e compositore, in STABAT MATER – Corelli Chamber Orchestra, DCTT102, CD DDD, Molfetta, Digressione Music, 2020.

45. F. FLORIMO, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatorii, cit.

46. Ibidem, Fedele Fenaroli, vol. I, pp. 408-418.

47. GIOVANNI INSOM (a cura di), Il Fondo Musicale dell’Archivio di Montecassino, Biblioteca Cassinese 3/1, Abbazia di Montecassino, Istituto di Bibliografia Musicale, Montecassino, Pubblicazioni Cassinesi, Ibimus, 2003, pp. 401-403.

48. ANDREINA COSTANTINI, I manoscritti musicali dell’Archivio della Cattedrale di Lanciano, tesi di laurea, Università degli Studi di Bologna, Corso di Laurea in DAMS, a. a. 1978/79, pp. 100. La tesi è schedata in OPAC ed è posseduta dal Conservatorio di Milano e dall’IBIMUS di Roma.

49. Ufficio Ricerche Fondi Musicali, http://www.urfm.braidense.it

50. Cfr. GIANFRANCO MISCIA, L’archivio delle carte musicali in Francesco Masciangelo e le attività musicali a Lanciano e in Abruzzo nell’Ottocento, Lanciano, Carabba, pp. 81-86. I manoscritti sono conservati nell’Archivio Diocesano di Lanciano.

51. Cfr. GIOVANNI FENAROLI, Genealogia della famiglia Fenaroli ramo di Lanciano, in G. Miscia (a cura di), Fedele Fenaroli. Il didatta e il compositore, cit., pp. 59-74.

52. Cfr. ALBERTO MAMMARELLA, I mottetti di Fedele Fenaroli dell’Archivio della Cattedrale di Lanciano, in G. Miscia (a cura di), Fedele Fenaroli. Il didatta e il compositore, cit. pp. 268-270.

53. Nel Centro di Documentazione e Ricerche Musicali “F. Masciangelo” di Lanciano si conserva una copia dei Partimenti su cui vi è l’annotazione: “per uso di Francesco Masciangelo”.

54. Fedele Fenaroli, Stabat Mater in sol minore, 1998; Domine Deus in sib maggiore, 1998; Domine Deus in fa maggiore, 1999; Miserere in sol minore, 1999. Lanciano, Camerata Anxanum Edizioni.

55. FRANCESCO FLORIMO, Cenno storico sulla scuola musicale di Napoli, Napoli, Tipografia di Lorenzo Rocco, 1869, p. 410.

56. Ibidem, nota 2.

57. Cfr. ROSA CAFIERO, The Early Reception of Neapolitan Partimento Theory in France. A Survey, «Journal of Music Theory», 51 (1), pp. 137-159.  

58. Su Emanuele Imbimbo cfr. ROSA CAFIERO, Imbimbo, Emanuele, in Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. 62, 2004, <https://www.treccani.it>.

59. GIORGIO SANGUINETTI, L’eredità di Fenaroli nell’Ottocento, in ANTONIO CAROCCIA – PAOLOGIOVANNI MAIONE – FRANCESCA SELLER (a cura di), Giuseppe Martucci e la caduta delle Alpi, Lucca, Lim, 2009, p. 20.

60. Ibidem, p. 21.

61. Ib., p. 22.

62. Sanguinetti ci informa che, molto probabilmente, Guarnaccia abbia operato in area veneziana. Cfr. G. SANGUINETTI, L’eredità di Fenaroli,cit., p. 24.

63. Ibidem. Il riferimento archivistico della fonte è MUS.F.0370, reperibile online all’indirizzo  <https://edl.beniculturali.it/beu/850012422> (visionato a settembre 2022).

64. CLAUDIO PARADISO, Mandacini, Placido, in Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. 68, Treccani, 2007, <https://www.treccani.it>.

65. Cfr. SANGUINETTI, L’eredità di Fenaroli,cit., pp. 26-28.

66. Promosse in Italia un metodo d’insegnamento legato ai principi della didattica del canto corale di Guillaume-Louis Bocquillon Wilhem. Cfr. LUCA ROSSETTO CASEL, voce Rossi, Luigi Felice, in Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. 88, Treccani, 2017, <https://www.treccani.it>.

67. G. SANGUINETTI, L’Eredità di Fenaroli, cit., p.30. G. SANGUINETTI, L’Eredità di Fenaroli, cit., p.30.

68. Cito i testi principali: ROBERT GJERDINGEN, Music in the Galant Style, New York, Oxford University Press, 2007; GIORGIO SANGUINETTI, The Art of Partimento, New York, Oxford University Press, 2012; PETER VAN TOUR, Counterpoint and Partimento, Uppsala Universitet, Universitatis Upsaliensis, 2015.

69. FABIO DELL’ANVERSANA, Le composizioni per strumenti a tastiera di Fedele Fenaroli e Domenico Cimarosa, Segrate, Piemme, 2015.

70. Cfr. GIOVANNI FENAROLI, Genealogia della famiglia Fenaroli ramo di Lanciano, cit., pp. 59-74.

71. Cfr. Alberto Mammarella, I mottetti di Fedele Fenaroli dell’Archivio della Cattedrale di Lanciano in Fedele Fenaroli. Il didatta e il compositore a cura di Gianfranco Miscia, Lucca, Libreria Musicale Italiana, 2011, p. 268-270.

72. Nel Centro di Documentazione e Ricerche Musicali “F. Masciangelo” di Lanciano si conserva una copia dei Partimenti su cui vi è l’annotazione: “per uso di Francesco Masciangelo”.

Bibliografia consigliata

  1. Siegfried Gmeinwieser, Fenaroli, Fedele | Grove Music (oxfordmusiconline.com)
  2. Meredith Ellis Little, Minuet | Grove Music (oxfordmusiconline.com)
  3. Gianfranco Miscia, Fedele Fenaroli il didatta e il compositore – LIM

Immagini e inserti:

Immagine di testa: Pescatori nella baia di Napoli di Josef Rebell (1820).

Autori e collaboratori:

Autori: Mattedo Di Cintio – Gianfranco Miscia – Massimo Salcito

Revisori: Matteo di Cintio – Gianfranco Miscia – Massimo Salcito

Ultimo aggiornamento:

1 Gennaio 2022 (ESEMPIO)

Ipertetesti utili:

Minuetti per Cembalo | Del Sig. D.n Fedele Fenaroli | Conservatorio “G. Verdi” di Milano (ESEMPIO)



Ricercare, scrivere, connettere.

L’Enciclopedia “Fedele Fenaroli” è un progetto digitale con l’obiettivo di esplorare le nuove frontiere della valorizzazione del patrimonio culturale


Progetti Partner


Lascia un commento