Roma al tempo di Fedele Fenaroli

Testimonianze dell’architettura civile, ecclesiastica e musicale nel XVIII secolo


Sommario: L’evoluzione storico-culturale di Roma nel XVIII secolo emerge attraverso una serie di contesti e istituzioni significative. La città, capitale dello Stato della Chiesa e fulcro della Cristianità, sperimenta un periodo di rinascita artistica, ecclesiastica e musicale nella prima metà del secolo. Questo rinnovamento è guidato da un’imponente operazione strategica volta a promuovere l’immagine civile e culturale di Roma agli occhi di una sofisticata popolazione internazionale in transito. Personalità come Fedele Fenaroli incarnano la sintesi di questa rinascita, operando nell’ambito della musica sacra e contribuendo al consolidamento della reputazione culturale della Città Eterna. I principali luoghi di questa rinascita includono la Chiesa Nuova di Santa Maria della Vallicella e altre basiliche papali, che fungono da simboli tangibili di un’epoca di fervente rinnovamento artistico e spirituale. Questo periodo di crescita e raffinamento artistico, tuttavia, si scontra con le rigide normative sociali ed ecclesiastiche del tempo, evidenziando le tensioni tra tradizione e innovazione nella Roma del XVIII secolo.

Parole Chiave: Architettura Ecclesiastica; XVIII Secolo; Roma; Santa Maria Della Vallicella; Oratorio Dei Filippini; Teatro Alibert, Teatro Argentini, Anfiteatro Corea; Teatro Valle.


Roma, capitale dello Stato della Chiesa ma anche della Cristianità
, fu oggetto nella prima metà del XVIII secolo dell’ultima grande operazione strategica di promozione civile, artistica, ecclesiastica e musicale, prima dell’inevitabile declino nel XIX secolo. Alla ricerca di una non più rinviabile nuova immagine sia politica che comunicativa, l’Urbe dei Papi del primo Settecento attua, a cominciare da Clemente XI, una complessa e dispendiosa azione di ristrutturazione del tessuto urbano. L’idea è di esaltare le arti italiane agli occhi di una folta e sofisticata popolazione di passaggio estera, in cui si propone un’innovativa sintesi tra un glorioso passato e le nuove trasformazioni. In questo modo viene a consolidarsi un fenomeno tipicamente romano, quello dei “viaggi d’istruzione” in Italia, meta obbligata per nobili collezionisti e ricchi studiosi provenienti da Inghilterra, Germania e persino Russia, che vedono nella Città Eterna un vero e proprio simbolo della cultura continentale. Fedele Fenaroli si trova quindi ad operare a Roma in occasione dell’ultima fortunata età di rinnovamento urbano, il cui assetto rimarrà sostanzialmente identico fino alle grandi ristrutturazioni urbanistiche del Ventennio.

L’architettura civile ed ecclesiastica

Pur non essendo un ecclesiastico, Fedele Fenaroli può essere certamente preso a modello quale perfetta sintesi di una particolare formazione etica e musicale. Sia nello Stato della Chiesa che nel vicino Regno di Napoli, la media borghesia alla quale Fenaroli apparteneva era di fatto combattuta tra un retaggio politicamente reazionario e profondamente legato ai dettami cristiani, ed alcune aspirazioni di rinnovamento politico e culturale, ben circoscritte a pochi singoli casi, sia a Roma che a Napoli.
Fenaroli è a tutti gli effetti un reazionario ed un bigotto, con una fede incrollabile nei valori trasmessigli dal padre Francesco Antonio e fortemente permeato dal modello educativo napoletano dei Conservatori, efficace per quasi due secoli ma che già cominciava a mostrare notevoli crepe e contraddizioni.
Ecco perché per Fenaroli una commessa dai Padri Filippini non è semplicemente un’occasione di lavoro e di lucro, ma un naturale e dovuto passaggio di relazione con quel sistema nel quale si ritrova perfettamente, a livello estetico-musicale e socioculturale. Adesione che però non gli impedisce, in più di una occasione, di trovarsi in plateale scontro con le autorità regie o ecclesiastiche.
La Chiesa Nuova di Santa Maria della Vallicella, sede dell’ordine dei Padri Filippini e luogo principale d’esecuzione degli oratori musicali romani, è quindi il simbolo più evidente di tale correlazione.

Santa Maria alla Vallicella, l’oratorio dei Padri Filippini

Si tratta di un edificio di culto sottoposto ad un primo rifacimento nel XVI secolo, quando la principale struttura prende il nome di Chiesa Nuova. Nel 1551 Filippo Neri vi fonda la Congregazione dell’Oratorio, riconosciuta nel 1575 da Papa Gregorio XIII, il quale dona al Santo il nuovo edificio, la Chiesa Nuova per lo specifico utilizzo oratoriale, e lasciando il resto del complesso comunque in gestione alla congregazione. La Chiesa Nuova è un vero e proprio scrigno di opere d’arte, con abbondanza di affreschi, stucchi e marmi preziosi, ed interventi di completamento protrattisi fino al primo Settecento. Nella navata principale, vanno citati una serie di affreschi aventi tutti argomento veterotestamentario (L’Arca dell’Alleanza, Giuditta e Oloferne, La caduta della manna, Rebecca ed Eleazaro, Mosè). Evidente la contestualizzazione iconografica, parallela all’esecuzione degli oratori musicali aventi medesimo titolo. Di particolare pregio le opere di Pietro da Cortona (1597-1669), autore non solo di buona parte delle volte, ma anche della cupola con lanterna della Cappella di San Filippo Neri, dove presumibilmente si eseguivano gli oratori musicali, particolarmente ricca di pietre preziose e argenti.

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Ferdinando Fuga, Santa Maria Maggiore, 1741-’43

La papale Arcibasilica Maggiore Arcipretale Liberiana di Santa Maria Maggiore, conosciuta semplicemente con il nome di Basilica di Santa Maria Maggiore o Basilica Liberiana è una delle quattro basiliche papali di Roma, ma l’unica ad aver conservato la primitiva struttura paleocristiana, sia pure arricchita da successivi aggiunte e rifacimenti. È dotata di una cappella musicale, istituita nel 1545, e di fatto al servizio del cardinale arciprete. Ospita le spoglie mortali di sette papi, e di un numero rilevante di cardinali, a riprova della sua importanza. L’architetto Ferdinando Fuga (1699-1782), toscano ma operante a Roma e poi a Napoli, è il direttore dei lavori di rifacimento, contemporaneamente a quelli condotti sulla Palazzina del Quirinale, e della Chiesa di Santa Maria dell’Orazione e Morte (1730-1743). Le complesse origini e la preesistente struttura paleocristiana posero inevitabili condizioni al rifacimento in epoca barocca.

Pietro Passalacqua e Domenico Gregorini, Facciata della Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, 1741-’44

Anche la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme riporta un sia pur labile elemento di correlazione con Filippo Neri e con la nascita dell’oratorio romano, trattandosi di una delle sette chiese toccate dal tradizionale pellegrinaggio che ogni anno il santo realizzava in occasione delle festività pasquali a Roma. Custode di preziose reliquie legate alla Croce ed alla città di Gerusalemme, entrarvi per i devoti rappresentava l’equivalente di un pellegrinaggio fino in Terrasanta, opzione certamente impossibile da realizzarsi praticamente, soprattutto per le classi meno abbienti. Nel 1743 la basilica fu sottoposta ad una completa opera di restauro, grazie al papa Benedetto XIV (1675-1758), già cardinale del sacro edificio. Agli architetti Pietro Passalacqua (1690-1746) e Domenico Paolo Gregorini (1692-1777) vennero commissionati i lavori, autori dell’originale e barocca facciata concava.

Francesco De Sanctis, Disegno di Piazza di Spagna

Parallelamente a Piazza Sant’Ignazio, è l’opera simbolo di una concezione spaziale tipica del XVIII secolo, caratterizzata dal disegno curvilineo e dal grande numero di dettagli, quali balconi, balaustre di palazzi, frontoni e finestre. È portata spesso ad esempio dell’evoluzione del Rococò italiano.

Filippo Raguzzini, Piazza Sant’Ignazio, 1727-1728

Pur anch’essa simbolo romano del Rococò, Piazza Sant’Ignazio nasce come struttura chiusa, La piazza è infatti circoscritta dalle cosiddette “case di abitazione”, ossia appartamenti settecenteschi pensati e realizzati per venire incontro alle esigenze della nascente media borghesia romana. L’innovazione, con una lettura per certi versi razionalistica della piazza, di fatto la rende fruibile solo da vicino e per una dimensione intima e privata, dove le quinte teatrali rappresentate dalla chiesa barocca e dall’esatta collocazione dei palazzi creano un’illusione prospettica particolarmente effic

Alessandro Galilei, Facciata di San Giovanni in Laterano, 1733-1763

Custode e promotore dell’ideale estetico palladiano, Galilei ottiene nel 1732 la commissione per la realizzazione di San Giovanni in Laterano, superando celebri architetti dell’epoca quali Luigi Vanvitelli. La facciata è un misto di elementi tardobarocchi romani, fuse con il tipico colonnato palladiano, sormontato da una balaustra e da una serie infinita di statue gesticolanti e in pose plastiche.

I Teatri a Roma nel XVIII secolo

Lo Stato della Chiesa rappresentava certamente un unicum nel panorama nazionale dello stivale: stato autonomo di fatto retto come monarchia assoluta, ma contestualizzata dal ruolo religioso di faro della Cristianità che Roma aveva assunto sin dal 380 d.C. con l’editto di Teodosio. A differenza, quindi, sia di altre monarchie a conduzione familiare (Mantova, Milano) o città-stato come Venezia, Roma risultava essere un contradditorio coacervo di contestualizzazioni etico-religiose anche per questioni di natura politica e culturale, ossia musicale. La più grande contraddizione rimaneva il divieto per le donne (considerate impure e fino al Concilio di Trento ritenute prive di anima) di partecipare alle produzioni musicali, sia liturgiche che civili. La condizione non si rivelò senza conseguenze, considerando che per la produzione della Cappella Musicale Pontificia “Sistina” o di altre istituzioni similari, l’utilizzo delle voci “bianche”, ragazzi addestrati prima della muta della voce, oppure di castrati, si rivelava ancora in pieno Settecento un efficace metodo vocale. Non così per il teatro musicale, sia per la maggior ampiezza dei luoghi destinati alle esecuzioni, in alcuni casi teatri con migliaia di posti a sedere per il pubblico, sia per la specificità dei ruoli femminili richiesti, sia infine per l’evidente contraddizione consistente nei travestimenti. Solo con l’arrivo dei bonapartisti a Roma nel 1796 cadde il divieto imposto da Papa Sisto V nel 1588, permettendo la presenza non solo delle cantanti ma anche delle attrici e delle ballerine nella Roma pontificia.

Teatro Alibert

Costruito tra il 1716 e il 1718 per volere del conte Antonio d’Alibert (1670-1731), il progetto del teatro fu realizzato dall’architetto Francesco Galli da Bibbiena, che disegnò per l’edificio una pianta a ferro di cavallo. Il teatro non aveva una facciata ma vari ingressi. All’interno erano presenti sette ordini di palchi, ciascuno con trentadue palchetti. Secondo lo scrittore tedesco Karl Ludwig von Pöllnitz (1731) «la platea poteva contenere novecento persone comodamente sedute». L’illuminazione era costituita da 180 “coccioli” (candele) di grasso avanti alla bocca del palco; c’era anche un lampadario centrale con torce, che durante lo spettacolo veniva allontanato. Secondo molti appassionati era il più bel teatro di Roma. Nel 1725, il teatro fu messo all’asta perché il conte d’Alibert non riusciva più a coprire le spese. Nel 1732, i nuovi proprietari denominarono l’edificio “Teatro delle Dame”; poco dopo il teatro fu restaurato dall’architetto Ferdinando Fuga. Con l’inizio dell’Ottocento, non furono più inserite nel programma le opere musicali, sostituite da recite in dialetto romanesco e spettacoli circensi. Nel 1847, il teatro fu acquistato dal principe Alessandro Torlonia, che lo fece ristrutturare dall’architetto romano Nicola Carnevali (1859). Le strutture in legno furono sostituite da quelle in muratura; inoltre, venne finalmente realizzato il prospetto. Il nuovo teatro poteva ospitare sia spettacoli teatrali (diurni e serali) sia spettacoli circensi. Sul soffitto era stata praticata un’apertura centrale, che durante gli spettacoli diurni era coperta da tavole dipinte; quando, invece, si svolgevano gli spettacoli circensi, le tavole del soffitto scomparivano, così la platea diventava una grande arena. Nel 1863 il teatro venne distrutto da un incendio.

Teatro Valle

Inaugurato nel 1727 su progetto dell’architetto Tommaso Morelli, il teatro nacque ad uso privato del conte Camillo Capranica, già proprietario di un omonimo altro teatro. Classica struttura a ferro di cavallo, era interamente ligneo, provvisto di cinque ordini di palchi ed un loggione. A differenza di altri teatri vi si rappresentavano sia drammi in prosa che opere liriche ed infine drammi in musica. Tra il 1764 e il 1765 l’edificio fu ristrutturato ad opera degli architetti Giovanni Francesco Fiori e Mauro Fontana, ma i risultati non soddisfecero le autorità vaticane che nel 1818 ne ordinarono l’abbattimento e la ricostruzione in muratura, sotto la guida di Giuseppe Valadier. Fu il teatro delle repliche romane di compositori quali Domenico Cimarosa, Gioacchino Rossini e Gaetano Donizetti.

Teatro Argentina

Oggi Teatro Nazionale di Roma, fu inaugurato il 31 gennaio 1732 con la Berenice di Domenico Sarro. Anch’esso realizzato in un primo tempo completamente in legno dall’architetto Girolamo Theodoli e con la forma cosiddetta “all’italiana” (ossia, a ferro di cavallo), era ed è di notevoli dimensioni (40 file di banchi e 186 palchi disposti in sei ordini). Tra i più importanti teatri romani, vi venne rappresentata la prima del Barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini nel 1816. 

Anfiteatro Corea (oggi Mausoleo di Augusto)

Attivo dal 1780 al 1936, nel Novecento venne ridenominato quale Teatro Augusteo. Edificato sul mausoleo di Augusto in Campo Marzio, nacque per volere del marchese portoghese Vincenzo Mani Correa. Pensato per esibizioni vernacolari e spettacoli equestri in quanto posto in uno spazio all’aperto, nel Settecento fu famoso proprio per questa originale forma di rappresentazione, particolarmente cara al popolo romano.

Conclusioni

La vita e gli accadimenti di Fedele Fenaroli, musicista frentano stabilitosi sin dalla più tenera età a Napoli e lì operante fino alla veneranda età di 88 anni, risulta essere ancora oggi piena di spazi vuoti e incongruenze, dovute in massima parte alla mancanza di una opportuna documentazione. Nelle più diffuse schede biografiche esistenti, vengono riportate unicamente notizie circa il suo tentativo fallito di compositore di opere teatrali a Palermo, seconda capitale del Regno di Napoli. È invece più che probabile che Fenaroli, assai prima di assurgere a rappresentante di prestigio della Scuola Napoletana, abbia comunque avuto modo ed occasioni per recarsi a Roma, conoscere personaggi facoltosi e colleghi musicisti, visitare chiese e teatri, prendere contatti con possibili futuri committenti. Ricostruire quindi un più globale contesto storico e culturale, nonché sociale e musicale, aiuta quanto meno ad approfondire la realtà nella quale in seguito Fenaroli operò.

Approfondimento

La Sconfitta degli Assiri di Fedele Fenaroli – Fedele Fenaroli


Note al testo

Immagini e inserti:

Immagine di testa: Roman Capriccio: The Colosseum and Other Monuments (1735) di Giovanni Paolo Pannini (1691-1762)

Immagini: 1. Pietro da Cortona, Lanterna Cappella San Filippo Neri; 2. Giovan Battista Piranesi, Santa Maria della Vallicella con il suo oratorio, 1745, Roma; 3. Francesco De Sanctis, Disegno di Piazza di Spagna, Stampa di Girolamo Rossi, 1726, Gabinetto Nazionale dei Disegni e delle Stampe, Istituto Nazionale per la Grafica, Roma 4. Alessandro Galilei, Facciata di San Giovanni in Laterano, 1733-1763

Autori e collaboratori:

Autore: Dott. Massimo Salcito

Revisori: Redazione

Ultimo aggiornamento:

6 Maggio 2024



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