L’Elogio di Fedele Fenaroli

Fedele Fenaroli, Napoli, Scuola Napoletana

Un prezioso documento di Francesco Maria Avellino sulla celebrazione del musicista frentano


Sommario: La riproduzione a stampa dell’Elogio di Fedele Fenaroli, redatto dall’accademico Francesco Maria Avellino nel gennaio del 1818, rappresenta il primo di un’articolata strategia celebrativa del personaggio frentano, tipicamente diffusa nel XIX secolo. Alquanto curiosamente, la fonte documentaria sarà però di fatto riscoperta solo nel 1980.

Parole Chiave: Elogio di Fedele Fenaroli; Francesco Maria Avellino; Padre Giovan Battista Gagliardo.

Chiesa di San Domenico - Franesco Avellino

La scomparsa di Fedele Fenaroli

Il 1° gennaio 1818, all’età di 88 anni, moriva Fedele Fenaroli (Lanciano, 25 aprile 1730 – Napoli, 1° gennaio 1818), compositore e didatta, esponente di rilievo della Scuola Napoletana e autore dell’innovativo metodo conosciuto con il nome di Partimenti. A pochi giorni dalla conclusione delle esequie e delle successive celebrazioni istituzionali di rito presso il Regio Conservatorio, in una non meglio precisata giornata del mese di gennaio dello stesso anno, l’accademico archeologo e numismatico napoletano Francesco Maria Avellino (1788-1850) tenne un Elogio in memoria del musicista lancianese1.

L’iniziativa ebbe luogo presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, di cui Fenaroli era accademico: uno degli unici tre componenti per l’area musicale, insieme a Niccolò Zingarelli (1752-1837) e Luigi Mosca (1775-1824). All’epoca l’Accademia di Belle Arti era ospitata nel complesso monastico di S. Giovanni Battista delle Monache. È quindi presumibile che l’orazione sia stata pronunciata in quella sede.

Francesco Maria Avellino

Francesco Maria Avellino (Napoli, 14 agosto 1788 – 9 marzo 1850) fu archeologo, linguista e numismatico di valenza nazionale. La sua schiera di interessi e attività era rilevante persino per la Napoli del XIX secolo. Fu giurista, economista, poeta, filologo, epigrafista e grecista. Responsabile per oltre dieci anni degli scavi a Pompei, fu direttore del Museo Borbonico, nonché presidente dell’Accademia della Crusca e insignito di onorificenze italiane e francesi.

Nel gennaio del 1818 Avellino, benché appena trentenne, possedeva già una consolidata reputazione quale eccelso oratore. Nel 1814 era divenuto socio dell’Accademia di Storia e Antichità, e nel 1815 aveva ricevuto l’incarico di docente per la cattedra di lingua greca alla Regia Università di Napoli. Oltre a esercitare la professione forense, Avellino era già noto per aver pronunciato una cospicua serie di orazioni ed elogi, alcuni anche editi a stampa, riguardanti personaggi famosi della società partenopea.

Quest’ultimo elemento pesò certamente non poco nell’assegnazione dell’incarico da parte dell’Accademia di Belle Arti, istituzione della quale Avellino era stato nominato socio onorario già dal 1810.

La stampa dell’Elogio

Il testo dell’Elogio, a dimostrazione dell’importanza data all’avvenimento, venne di lì a poco stampato da Angelo Trani a Napoli. L’operazione fu realizzata a spese della Società Reale Borbonica, di cui l’Accademia delle Belle Arti all’epoca era parte integrante2. Copie originali a stampa dell’Elogio, appartenenti tutte alla medesima tiratura, sono oggi custodite in varie biblioteche, campane e nazionali3.

La Società Reale Borbonica e le altre Accademie partenopee

Fondata nel 1808 dal re Giuseppe Bonaparte come Accademia del Regno di Napoli, la Società Reale Borbonica fu di fatto la sintesi di due differenti esperienze. Da una parte, la tradizione borbonica antecedente ai fatti del 1799, dall’altro il modello bonapartista di formazione e ricerca. Quest’ultima faceva diretto riferimento al modello dell’Institut de France, prevedendo di conseguenza tre autonome strutture: l’Accademia di Storia e Belle Lettere, l’Accademia delle Scienze e l’Accademia di Belle Arti.

Con il ritorno dell’Ancien Régime, Re Ferdinando I di Borbone con la Sovrana Risoluzione del 29 ottobre 1816 e con il Regio Decreto del 2 aprile 1817 operò circoscritti cambiamenti agli editti bonapartisti. Di fatto, si limitò a sostituire la precedente Accademia di Storia e Belle Lettere con l’Accademia Ercolanese di Archeologia, fondata nel 1755.

La redazione del Regio Statuto, nel 1822, sancì in maniera definitiva l’assetto della Società Reale Borbonica, rimasta tale fino ai fatti relativi all’unificazione italiana a opera dei Savoia (1860).

L’Elogio e la fama postuma di Fedele Fenaroli

Non è conosciuta la data esatta e l’occasione a seguito della quale si tenne il monologo: tale informazione, alquanto curiosamente, non è riportata nel frontespizio o nell’interno del libretto a stampa. È presumibile che l’iniziativa celebrativa si tenne comunque nel mese di gennaio 1818, alcuni giorni dopo le celebrazioni civili e religiose previste, e a seguito della tumulazione della salma di Fenaroli nella chiesa dell’Ecce Homo, edificio di culto oggi scomparso.

Scopo principale dell’Elogio era quello di concretizzare il primo e più importante momento di quello che a posteriori si dimostrò essere un complesso processo celebrativo e agiografico del musicista frentano. Evidentemente tale riconoscimento doveva essere mancato negli anni di poco precedenti alla morte del Fenaroli, la cui fama di redattore dei Partimenti era stata in parte rimossa. Non dovevano essere estranei a tale fenomeno gli accadimenti politici del 1799 e del periodo bonapartista. O per meglio dire le critiche addotte dal Fenaroli, velate oppure esplicite, a entrambi i regimi. Dichiarazioni che dovevano averne decretato, anni prima, anche la temporanea espulsione dalla capitale, con conseguente esilio per alcuni mesi nella natìa Lanciano.

Fedele Fenaroli era comunque figura di oramai consolidata notorietà non solo a Napoli. Le numerose edizioni a stampa del metodo dei Partimenti, in Italia e in Francia, avevano infatti contribuito a farne un personaggio famoso in buona parte d’Europa. Presumibilmente la copertura economica della stampa di pregio dell’Elogio era un tentativo di fare ammenda da parte della Società Reale Borbonica. I numerosi dissapori intercorsi con le autorità regie venivano così, seppure tardivamente, superati dal conclusivo omaggio alla memoria del musicista frentano.

Fenaroli epigono di un’epoca

La scomparsa di Fenaroli, ultimo rappresentante di quella Scuola Napoletana vissuta e operante a cavallo tra Settecento e primo Ottocento, sanciva la fine di un’epoca, e non solo a Napoli.

Si era di fatto conclusa una importante fase storica e musicale: la consapevolezza, che traspare anche dal testo dell’Avellino, era che la nuova generazione musicale e culturale partenopea guardasse a Fenaroli oramai come all’epigono di un glorioso ma concluso passato.

L’assolutismo regio e l’infallibilità ecclesiastica, per quanto tornate al potere dopo la pausa bonapartista, dopo i fatti del 1799 non potevano essere totalmente ripristinate. Di conseguenza, anche la fase di riorganizzazione delle principali istituzioni culturali e musicali come i Conservatori non poté non essere portata a compimento, in quanto il sistema d’insegnamento musicale mostrava già i primi segni di crisi dalla seconda metà del XVIII secolo.

Fenaroli stesso, profondamente reazionario nelle convinzioni politiche e legato all’osservanza quasi radicale dei precetti religiosi, appariva certamente come ‘antico’ nel nuovo mondo: scenario in cui anche il sistema di produzione musicale documentava profondi cambiamenti. A titolo d’esempio, i rapporti di forza tra l’opera lirica e la produzione sacra e liturgica, si erano fortemente spostati a favore della prima. Segnale evidente che la borghesia cominciava ad avere una maggiore visibilità rispetto alle classi dirigenti, nobile ed ecclesiastica.

Avellino descrive di fatto, tra le righe, e con tutti gli artifici letterari del letterato provetto, questo contesto. E pur traendone retoricamente un esplicito riconoscimento ai meriti del personaggio, ne ammette implicitamente anche l’inevitabile caduta. Rimane la speranza, più volte espressa nel testo, che l’eredità del Fenaroli venga presa a esempio dalle nuove generazioni.

Padre Giovan Battista Gagliardo: il vero artefice dell’Elogio?

Nel testo di Avellino emerge il nome di un personaggio, all’apparenza secondario, e a oggi mai citato negli studi condotti in tempi recenti su Fedele Fenaroli. Si tratta dell’abate Padre Giovan Battista Gagliardo (1758-1823)4.

Nell’Elogio Avellino rivela come fosse stato proprio il Gagliardo ad accudire negli ultimi anni della sua vita l’anziano Fenaroli. Probabile atto di carità cristiana, ma forse anche scelta di mutua assistenza tra persone legate da comuni interessi, musicali e sociali5. Ad esempio, lo stesso Gagliardo era stato in precedenza particolarmente vicino a un altro musicista, allievo del compositore frentano: Giovanni Paisiello (1740-1816), scomparso appena due anni prima. È stata avanzata l’ipotesi di una militanza dell’abate in qualche loggia massonica locale: condizione di ‘fratellanza’, comunque, non automaticamente riconducibile ai due musicisti.

L’Elogio e la nascita della Fenaroli renaissance

È interessante notare come il testo dell’Avellino non sia stato un documento di particolare riferimento per le generazioni degli allievi diretti del Fenaroli. E infatti non si fa menzione dell’Elogio nei pur dettagliati scritti di Francesco Florimo (1800-1882)6 e Vincenzo Bindi (1852-1928)7.

È con la rinnovata attenzione all’importanza didattica dei partimenti nell’ambito della Scuola Napoletana che le parole pronunciate da Avellino vengono lette con rinnovata attenzione: in merito, vanno citate le ricerche condotte dagli studiosi Giorgio Sanguinetti8 e Rosa Cafiero9.

In alcuni specifici contesti i dati forniti da Avellino denotano però una certa imprecisione di datazione: è il caso dell’incarico a direttore d’orchestra della Nobile Accademia dei Cavalieri, informazione correttamente contestualizzata solo in tempi recenti da Lucio Tufano10.

È possibile in effetti che Avellino avesse avuto pochi se non inesistenti rapporti diretti con il musicista lancianese, e si fosse limitato a un testo agiografico, dettato presumibilmente in buona parte proprio dall’Abate Gagliardo. L’Elogio di Francesco Maria Avellino è stato ristampato in tempi relativamente recenti a Lanciano nell’edizione curata da Mario Lanci, studioso che per primo ne ha intuito l’importanza documentaria11.

Francesco Maria Avellino


Fonti e note al testo

Bibliografia

1. ELOGIO / DI / FEDELE FENAROLI / LETTO / ALL’ACCADEMIA DELLE BELLE ARTI DELLA SOCIETA REALE BORBONICA DI NAPOLI / DAL / CAV. F. M. AVELLINO, SOCIO ONORARIO, Napoli, Angelo Trani, 1818.

2. Angelo Trani (XIX sec.) fu tra gli stampatori napoletani più prolifici del periodo. Attivo per quasi tutto l’Ottocento, si contano a suo nome oltre seicento stampe, molte delle quali di assoluta e superiore qualità editoriale rispetto alla media del periodo. Per questa ragione non è raro trovare il nome del Trani abbinato a pregevoli opere sia regie che di importanti case editrici dell’epoca. Queste ultime, infatti, preferivano affidarsi ad una tipografia terza, tecnologicamente all’avanguardia ed economicamente competitiva, anziché dotarsi in proprio di personale tecnico specializzato e relative attrezzature.

3. La copia utilizzata per questa relazione è conservata presso la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, MISC 0033. 003, codice SBN SBLE011814. Documento in formato in 16°, 32 pagine, numerate dalla 3 alla 24, e corredato da un’elegante copertina riproducente in prima una lira e in quarta un angelo musicante.

4. Sacerdote e studioso tarantino, esperto agronomo e massone, Padre Giovan Battista Gagliardo fu una poliedrica figura d’intellettuale, a metà strada tra Illuminismo e Restaurazione. Protagonista della fondazione dell’effimera repubblica di Taranto del 1799, dopo il ritorno dei Borboni dovette abbandonare un’affermata carriera pubblica, pur rimanendo personaggio ben accetto negli ambienti intellettuali partenopei ed italiani dell’epoca. Cfr. FRANCESCO GUIDA, Giovan Battista Gagliardo, Prete illuminista del ‘700, Taranto, Archita, 2020.

5. Cfr. n. 1, pp. 21 e 22. La dichiarazione di Avellino, «l’elogio stesso che io ora dedico a Fenaroli, mi è stato in gran parte ancora dettato dalle amichevoli di lui premure», apre un inedito scenario sui rapporti, purtroppo a tutt’oggi sconosciuti, tra Fenaroli e l’abate, non affrontati da Francesco Guida nella sua pur documentata monografia. Altrettanto lacunose le ricerche relative al rapporto tra Gagliardo e Paisiello, certamente intercorsi, visto che anche per quel personaggio Gagliardo si rese promotore di un pubblico Elogio, stampato sempre dal Trani nel 1816.

6. FRANCESCO FLORIMO, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatori, Morano, Napoli, 1880-1882, pp. 408-414.

7. VINCENZO BINDI, Artisti Abruzzesi. Pittori scultori architetti maestri di musica fonditori cesellatori figuli, dagli antichi a’ moderni. Notizie e documenti, Napoli, De Angelis, 1883, pp. 116-121.

8. GIORGIO SANGUINETTI, Il “Gradus ad Parnassum” di Fedele Fenaroli, in GIANFRANCO MISCIA (a cura di), Fedele Fenaroli, il didatta e il compositore, Lucca, Lim, 2011, pp. 199-214, la citazione è a p. 199.

9. ROSA CAFIERO, The Early Reception of Neapolitan Partimento Theory in France: A Survey, «Journal of Music Theory», Spring, 2007, Vol. 51, No. 1, Partimenti (Spring, 2007), Duke University Press, pp. 137-159. La citazione è a p. 141. Della medesima autrice, «La musica è di nuova specie, si compone senza regole», Fedele Fenaroli e la composizione tra Settecento e Ottocento, in La didattica del partimento, Lucca, Lim, 2020, pp. 109-140, la citazione è a pp. 199-200.

10. LUCIO TUFANO, Fenaroli e la Nobile Accademia di Musica dei Cavalieri, in GIANFRANCO MISCIA (a cura di), cit., pp. 143-169, alle pp. 144-145.

11. MARIO LANCI (a cura di), Fedele Fenaroli / Studi – Documenti – Testimonianze, 25 aprile 1980, 250° anniversario dalla nascita, Comune di Lanciano, 1980, pp. 11-15.

Bibliografia consigliata

  1. Francesco Guida, Giovan Battista Gagliardo, Prete illuminista del ‘700, Taranto, Archita, 2020.
  2. Rosa Cafiero, The Early Reception of Neapolitan Partimento Theory in France: A Survey, «Journal of Music Theory», Spring, 2007, Vol. 51, No. 1, Partimenti (Spring, 2007), Duke University Press, pp. 137-159.
  3. Giorgio Sanguinetti, Il “Gradus ad Parnassum” di Fedele Fenaroli, in Fedele Fenaroli, il didatta e il compositore, a cura di Gianfranco Miscia, Lucca, Lim, 2011, pp. 199-214,

Immagini e inserti:

Immagine di testa: Pescatori nella baia di Napoli di Josef Rebell (1820).

Immagini: 1. Riproduzione seicentesca del complesso di S. Giovanni Battista delle Monache. 2. Prima pagina dell’Elogio di Fedele Fenaroli scritto da Francesco Maria Avellino (1818)

Autori e collaboratori:

Autore: Massimo Salcito.

Revisori: Matteo di Cintio; Gianfranco Miscia.

Ultimo aggiornamento:

23 Febbraio 2023

Ipertetesti utili:

Storia della Chiesa di San Giovanni Battista delle Monache; Libro di Giovanni Guida su Giovan Battista Gagliardo



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